50 ANNI FA UN DRAMMATICO INCIDENTE, E TUTTA MILAZZO PIANSE LA SCOMPARSA DI UN CAMPIONE…
Era arrivato da Taranto nel 1950, assieme ad altri suoi concittadini, Marturano, Forleo, Caprioli, tutti calciatori che molti sportivi avanti negli anni ricordano benissimo. Era in forza all’Arsenal Taranto, e per dare vigore alla gloriosa società sportiva Milazzo di quegli anni, Giuseppe Conte, omonimo dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, fu scelto per un motivo fondamentale: il suo fiuto per il gol!
Non era poca cosa puntare su un attaccante puro, che riuscisse a sgusciare tra le maglie delle difese dell’epoca, superare con i suoi dribbling i difensori, tirare in rete e segnare! Così Giuseppe Conte, PINO per chi lo aveva cominciato a conoscere, apprezzare, applaudire, esaltare, divenne uno dei giocatori su cui il Milazzo dei primi anni 50 avrebbe dovuto costruire, nel giro di qualche stagione, una formazione temuta e rispettata su tutti i campi polverosi del tempo.
Segnò con la sua squadra ben 91 reti, ponendosi, nella storia del calcio milazzese, al secondo posto fra i migliori realizzatori di sempre! Il soprannome che gli era stato affibbiato, simpatico ed al tempo stesso temibile per gli avversari, era “cunigghieddu”, ossia “coniglietto”.
Cosa c’era da temere, direte voi, in un soprannome simile? La rapidità con cui si spostava, cogliendo di sorpresa gli avversari; la velocità con cui si dirigeva in rete; lo scatto improvviso che mandava a vuoto le incursioni difensive degli avversari, che avevano il compito di arrestare il vero pericolo per l’estremo difensore. Premiato con la medaglia d’oro per la sua lunga milizia con la formazione rossoblù, chiuse la sua carriera calcistica a Lipari. Nel 2013 viene conferito alla sua memoria il PREMIO TERMINAL SPORT, con il quale si ricorda un giocatore del quale troppo presto la città si era dimenticata.
Pino Conte si era sposato nel 1958 con una ragazza milazzese, di nome Franca, e da lei aveva avuto tre figli: Irene, Rosaria, Pasquale.
Erano gli anni in cui Milazzo cominciava ad affrontare il problema dell’industrializzazione. Nel corso degli anni successivi, contando sulla nuova realtà e su un mercato immobiliare in forte ascesa, cominciarono a nascere enormi palazzi che spostarono il nucleo abitativo della città verso sud, alle spalle del Mulino Lo Presti, quasi ai limiti della vecchia stazione ferroviaria, su orti, giardini ed appezzamenti di terreni che pian piano cedettero il passo all’espansione edilizia.
Con l’industria e il suo indotto, in quegli anni anche lasciare un lavoro e trovarne un altro era facile: e per un calciatore di trent’anni, che aveva scritto la storia della società sportiva, assieme a tanti altri nomi che oggi solo i tifosi di un tempo ricordano, non fu un’impresa, una volta appese le scarpette al chiodo, cambiare mestiere. Per lui sarebbe cominciata una vita diversa, senza continui spostamenti, lontano dai campi di calcio e dedito al nuovo lavoro; una serenità da vivere con la nuova famiglia, crescendo i figli che erano arrivati, in una città che stava assaporando il benessere economico giunto con la Raffineria e l’industrializzazione del territorio.
Il 20 aprile del 1970, cinquant’anni fa, Milazzo rimase attonita alla notizia che un quarantenne, cadendo da un serbatoio sul posto di lavoro, aveva chiuso la sua vita terrena. Un paio di anni prima un incidente analogo aveva strappato alla famiglia un diciassettenne, durante i lavori di restauro nella chiesa del Carmine.
Ma di questo secondo drammatico incidente si parlò tanto, in quegli anni; il nome della vittima sul posto del lavoro colpì emotivamente la città e l’ambiente sportivo: si trattava di Pino Conte, il giocatore del Milazzo! Erano gli anni della lotta che la Metallurgica stava combattendo per la sua sopravvivenza; e nelle continue riunioni sindacali emerse impellente più che mai la richiesta di sicurezza sul posto di lavoro. Piccoli passi, gradatamente, furono fatti negli anni, in tutta Italia; ma ancora oggi si continuano a registrare vittime per le quali ci sono messaggi di cordoglio, rincrescimenti, appelli alla salvaguardia, impegni difficilmente mantenuti…
A cinquant’anni da quel tragico sinistro, restano solo i familiari a piangere il marito, il padre, il nonno mai conosciuto. La vedova, signora Franca: i clienti del dottor Gianni Granata la conoscono benissimo e alla quale sono affettuosamente legati, ma probabilmente, raccontando le loro preoccupazioni, ignorano il dramma che lei continua a vivere giorno dopo giorno e non potrà mai dimenticare; le figlie Irene e Rosaria, quest’ultima unita al dolore della mamma nella perdita del suo adorato Nino La Malfa; il figlio Pasquale, cinquant’anni compiuti a marzo, che di papà non ha un ricordo perchè gli fu strappato via quando aveva solo un mese e mezzo, ma al figlio ha dato il nome del padre, che vede soltanto in fotografia…
Fra le tante che fanno parte dei ricordi di famiglia, abbiamo pubblicato per i nostri lettori, per gli sportivi, per i tifosi, quella di Pino Conte con la divisa del Milazzo. Le altre, quelle strettamente personali, con moglie, figli, parenti… fanno parte della famiglia, che oggi, dopo cinquant’anni, rivive il dolore per la scomparsa di Pino Conte; un dolore accresciuto dalla impossibilità di poter portare un fiore sulla sua tomba, ma alleviato dalla recita di una preghiera. Lo fanno ormai da cinquant’anni, lo faranno ancora oggi… ma saremo in tanti a pregare con loro e per lui, oggi…
Come se stessimo attendendo da lui una delle sue incursioni, altri dribbling, gli scatti brucianti e il tocco magico che fa gonfiare la rete, e mandare in visibilio il pubblico della tribuna e delle gradinate! Sì, Pino Conte, mitico “cunigghieddu”… ci siamo ancho noi a pregare per te, ad applaudirti in silenzio, ad asciugare sul nostro volto qualche lacrima. Non sapremo mai se di gioia o di commozione… Ma sappiamo di certo che non ti abbiamo dimenticato, se riusciamo a rigare di lacrime il nostro viso…
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