di P.T.
La piazza quella sera, come quasi ogni sera, soprattutto in estate, era gremita di gente. Era un inizio di serata come tanti, al termine di una giornata calda ma che andava mitigandosi per il sopraggiungere della frescura: le persiane dell’unico balcone prospiciente la piazza di quella casa, in cui la mia famiglia viveva in affitto, erano spalancate ed io stavo sgranocchiando un pezzo di pane, guardandomi intorno e rivolgendo di tanto in tanto lo sguardo a quel cielo limpido dai colori rapidamente variabili tipici dell’ora del crepuscolo. Dato che il sole era da un po’ scomparso dietro i palazzi dirimpettai, contornanti la piazza Baele al centro di Milazzo, non saprei dire se fosse o meno tramontato. Però la visibilità era perfetta, la temperatura mite e c’era una certa aria festosa: non è quindi difficile pensare alla serata di domenica 26 luglio 1953, ma il fatto potrebbe anche collocarsi lunedì 27 o martedì 28.
Volgendo lo sguardo casualmente verso Sud-Sud-Ovest vidi, bassi sui palazzi (palazzo Proto in particolare), ma ad un’altezza (valutata ovviamente molto tempo dopo sulla base della posizione del punto di osservazione) angolare sui 40 gradi, due sottili e lunghissimi oggetti volanti, simili a segmenti di retta o a tubi fluorescenti, come riportati nella foto, paralleli fra loro (pensate a due lunghi neon) ed in assetto di volo orizzontale (ossia parallelo al suolo) con traiettoria rettilinea, perfettamente uguali, di colore rossastro non brillante, in moto uniforme e silenzioso, attraverso la parte occidentale del cielo con velocità moderata (forse poco superiore a quella di un aereo a quota di volo di crociera) e direzione approssimativa da Sud-Sud-Ovest a Nord-Nord-Est (scomparvero dietro palazzo Bono, che si trova all’angolo fra piazza Baele e via Cumbo Borgia).
Cercai di vedere se ci fosse “qualcosa” davanti o dietro questi “segmenti”, pensando ad una coppia di aerei con la scia (ne avevo visti tanti) ma essi iniziavano e terminavano in modo identico, proprio come tubi a neon fatti di puro vetro colorato in rosso: la “rigidità” del moto e la sua uniformità erano stupefacenti e nessun paragone può farsi con comuni aerei e scie: queste ultime di solito si allargano e vanno sfumando dalla parte opposta al reattore che le genera; inoltre permangono in cielo per un certo tempo; questi corpi non mutarono né dimensione né forma, perlomeno quando li ebbi di fronte, mentre quando apparvero sembravano più corti, certamente per un effetto di prospettiva. Questo confermava la loro “compattezza”.
Ricordo le esclamazioni e le strane spiegazioni che qualcuno pronunciava in piazza ad alta voce (il balcone in cui mi trovavo era a primo piano): si parlava di esperimenti atomici e forse qualcuno pronunciò le parole “raggi X”, certamente non avendo idea di cosa stesse dicendo. Questo particolare non me lo sento comunque di confermare, mentre ricordo benissimo che ebbi paura e chiamai mia madre che però accorse tardi, non vide nulla e sicuramente diede poco peso alla cosa.
Un particolare mai sfuggito dalla memoria fu la perdita del senso del gusto, un fenomeno mai più verificatosi nella mia vita, neppure di fronte agli stress peggiori: in pratica mangiavo il pane come se mangiassi della carta, una sensazione davvero sgradevole, conseguenza sicuramente della paura che subito dopo (ma anche durante) il fenomeno dovette assalirmi, una paura forse più indotta dalla meraviglia della gente in strada che dal fenomeno in sé. In famiglia raccontai il fatto, ma non fui preso tanto sul serio, nonostante già a quell’età fossi molto stimato dai miei; ciò mi causò una grande delusione e forse, resomi conto dell’effetto negativo sulla mia reputazione di “bambino geniale” cui allora, ovviamente, tenevo (oggi mi viene da sorridere), finii per non parlare più in casa di simili cose.
Sul quotidiano “Il Notiziario di Messina e della Calabria” di mercoledì 29 luglio 1953 ho trovato questa breve ma significativa notizia nella “Cronaca di Reggio” (pag. 5, col. 8) che riporto integralmente: «Fasci luminosi scambiati per dischi volanti – La notte scorsa, in talune località della zona del vibonese, il cielo è stato solcato da velocissimi fasci luminosi che la fantasia popolare ha fatto risalire agli ormai famosi dischi volanti». Una indagine “a tappeto” è stata condotta su quel periodo, ma le informazioni più notevoli che ho potuto raccogliere sono state un esteso black-out elettrico nel messinese durante la serata del 28 luglio 1953, le cui cause furono comunque attribuite ad un guasto in una centrale collocata presso il fiume Alcantara (che separa le province di Messina e di Catania), e l’Etna in attività eruttiva; da Malta fu segnalato l’avvistamento di un disco volante color oro che a detta di alcuni pescatori “sarebbe sbucato dal mare”. In conclusione, questo fenomeno (che certamente ho visto “parzialmente”, non disponendo della visuale fino all’orizzonte: i fasci luminosi, ad esempio, avrebbero potuto essere più di due) non mi ha mai indotto a pensare ad “esseri di altri mondi” né a simili fantasticherie, ma ad un “curioso e particolare fenomeno atmosferico” sulla cui natura si potrebbe discutere.
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