Sette anni fa ci lasciava Carmelo Gitto. Lo ricordiamo oggi, riproponendo la sua storia… Sì, proprio la sua storia: a distanza di anni, ricordando un amico, tutto ciò che si vuole raccontare di lui diventa una storia. Io l’ho affidata ad un libro, dedicandogli un capitolo, ma chi vuole saperne di più, può leggerla anche qui…
“Quelli della mia generazione, cresciuti a cavallo tra la fine degli anni 50 ed i primi anni 70, in un periodo lungo almeno quindici anni, hanno il pregio di aver vissuto fanciullezza, adolescenza e giovinezza facendo tesoro degli insegnamenti dei più grandi e memorizzando episodi apparentemente insignificanti, ma essenziali per una quotidiana maturazione. Solidi rapporti di amicizia, tante complicità negli avvenimenti quotidiani, come le conquiste in tempi in cui era d’obbligo rispettare gli orari per rientrare a casa; quindi le prime esperienze, spesso in ambito sportivo, prendendo a prestito campioni come Sivori o Charles, Liedholm o Manfredini, ricordato non tanto per la sua classe quanto piuttosto per il numero di scarpe, il 47! O in un campo, quello musicale, che si ispirava ai miti delle nuove generazioni, costringendo ad andare in soffitta con largo anticipo personaggi che si chiamavano Nilla Pizzi, Natalino Otto, Carla Boni, Flo Sandon’s, Achille Togliani, Gino Latilla, che non erano affatto anziani, ma per la nostra generazione erano definiti … matusa. Anche noi abbiamo superato da un pezzo, e di molto, la loro età, quella che li ha costretti ad un anticipato pensionamento, ma non ci facciamo caso, per cui riteniamo di essere sempre… protagonisti. In tanti casi è la verità, e dedicando questa pagina ad un coetaneo, nato nello stesso mese e nello stesso anno in cui sono nato io (per un paio di settimane è più grande di me, comunque…) scopriamo che, nonostante i nostri sessanta e spiccioli di anni, qualcuno è ancora oggi un protagonista. Riservato, come è suo carattere, ma sempre efficiente e prolifico, ho voluto stimolarlo a raccontarci qualcosa di più. Lui, Carmelo Gitto, quarto figlio di Peppino, vecchio fraterno amico di papà, mi ha condensato la sua vita, svelandomi degli aspetti dei quali mi sono stupito… e poi vedrete il perché… Carmelo, come tutti i ragazzi della nostra età, è stato attratto dal pallone. Ma contemporaneamente, per la gioia di tutti coloro che lo ascoltavano, dalla musica. Aveva dodici anni, oggi Antonella Clerici lo avrebbe voluto alla sua trasmissione, per lanciarlo fra i piccoli artisti di TI LASCIO UNA CANZONE. Allora, nei primi anni sessanta, non era così: lo spazio lo si doveva conquistare. Il maestro Giovanni Russo lo fece esordire nel complesso I DAWNS, molto conosciuto nel comprensorio: suonava la batteria, da autodidatta. Matrimoni, feste in piazza, serate, un numero impressionante di esibizioni nel corso delle quali il piccolo Carmelo metteva in pratica tutta la sua passione, unita al talento ed all’estro, che lo rendeva popolarissimo. A 18 anni entra nel gruppo I FOPS: è l’amore per il rock, ed il complesso, come si chiamavano i gruppi dell’epoca, era fra i migliori sia per il repertorio offerto che per l’assortimento dei singoli componenti. Dalla batteria alla chitarra il passo non dovrebbe essere tanto breve, ma Carmelo ci sapeva fare: la musica sembra non avere segreti per lui, e scrive le sue prime composizioni. Per i Fops arriva anche il Piper, a Milano, e siamo solo nel 1970, nemmeno 20 anni! Le prospettive sono allettanti, ma sono anni in cui cambiano anche i gusti dei giovani, che cercano nuove alternative al pop e alla musica rock. Anni di studio, di meditazione, di sperimentazioni: fin quando nasce la Taberna Mylaensis, che assorbe due elementi dei Fops, ossia Carmelo Gitto e Luciano Maio, ma si arricchisce anche di Bobo Otera, Franco Salvo, Alberto Cocuzza e Tanino Lazzaro. Carmelo è già cantautore, e alla ricerca di sperimentazioni il gruppo presenta la musica tradizionale, quella che pesca nelle origini dei popoli. Un nuovo filone che suscita l’attenzione dei discografici che non si lasciano sfuggire una ghiotta occasione: il gruppo firma un contratto addirittura con la RCA, casa discografica che in passato aveva venduto milioni di dischi puntando su personaggi quali Gianni Morandi, Rita Pavone, Michele, Nico Fidenco, Edoardo Vianello, Gianni Meccia, Patty Pravo, Domenico Modugno, i Rokes, Dino, Lucio Dalla, Nicola Di Bari, mentre all’estero produceva per Paul Anka, Neil Sedaka e molti altri. Nell’arco di un paio di anni sono realizzati tre album dei quali due vengono messi in commercio, Fammi ristari ’nto menzu di to brazza e Populu e Santi. Il tutto coincide anche con la nascita e la diffusione delle emittenti private, che diventano una insperata cassa di risonanza per la Taberna, che ottiene un successo inimmaginabile ed una popolarità che la porta a spostarsi continuamente da Milazzo per tenere concerti, i primi dell’epoca, su palcoscenici come l’Olimpico di Roma, Piazza Duomo a Milano, il Cosmos di Amsterdam, il Piccolo Teatro, e, sempre a Milano, al Festival di Parco Lambro, e in numerosi altri impegni a favore dell’Unicef o per supportare i nuovi cantautori, sempre più richiesti dal grande pubblico, come Francesco De Gregori, Angelo Branduardi, Lucio Dalla… Il successo di un gruppo che si ispirava alla musica ed alle tradizioni della sua terra, la Sicilia, non lascia insensibile la RAI, che dedica alla Taberna Mylaensis uno special di trenta minuti girato nella splendida cornice del castello di Milazzo. Ma non è tutto: Renzo Arbore vuole la Taberna a L’ALTRA DOMENICA, gratificandola di stima artistica, rispetto e riconoscimento del talento. Siamo alla vigilia delle grandi trasformazioni, gli anni 80: proprio nel 1980 al gruppo viene proposto di suonare al Festival dei Due Mondi di Spoleto. I ragazzi provano entusiasmo ed incredulità al tempo stesso, ma poi prevalgono inesperienza e mancanza di un impresario. Quest’ultimo sarebbe stato indispensabile proprio per regolare gli impegni, stipulare i contratti, promuovere l’immagine, fissare gli appuntamenti anche con i media. Insomma, viene dato un calcio alla grande possibilità di effettuare il salto di qualità e si perde un treno che non passerà più! Oggi sappiamo, dalle biografie, che molti personaggi del mondo dello spettacolo hanno raggiunto il successo partendo dai mestieri più umili e facendo gavetta, per lunghissimo tempo. La Taberna Mylaensis era stata baciata dalla fortuna appena si era costituita: il successo era arrivato grazie alla novità delle proposte ed alla professionalità dei componenti. Carmelo si rammarica per questo… ricorda con commozione ed orgoglio i giorni passati in sala registrazione, spesso ad accompagnare i grandi della musica leggera degli anni 70. Giovani di 20, 25 anni, per i quali si erano aperte le porte della RCA, della RAI, dei grandi appuntamenti internazionali! Ricorda i consigli di Giampaolo Ascolese, che in quegli anni accompagnava De Gregori: utilissimi per migliorare e per conoscere tanti segreti che uno come lui, autodidatta sostenuto da talento e passione, non aveva appreso da nessuno! Con il tempo subentrano scoramento e delusione… i ragazzi si rendono conto del loro “gran rifiuto”. Ci fosse stato Dante, li avrebbe messi accanto a Celestino V, nel III canto dell’Inferno. A differenza del Pontefice, loro il gran rifiuto non lo fecero per “viltade”, ma per inesperienza, esuberanza giovanile, per non aver saputo valutare… o probabilmente avevano valutato le porte che si sarebbero aperte, i grandi eventi, i palcoscenici… e forse ha prevalso la consapevolezza di voler rimanere nei confini nazionali, senza pensare che sarebbero stati risucchiati dal vortice che non permette tentennamenti: o dentro o fuori! Loro uscirono pian piano da quello che sarebbe diventato il loro mondo: forse troppo grande, e forse per questo, conoscendoli, presumo che la consapevolezza di qualcosa più grande di loro stessi li avrà portati a riflettere e dire “Ma lo pensate, ragazzi, cosa ci aspetterà dopo? Lontani dagli amici, da Milazzo, dalla nostra terra…e per quanto tempo ancora…E poi, cosa ci rimarrà?”. Lo sapremo un giorno? Spero di sì… per capire in effetti che anche noi, come milazzesi, abbiamo perso la possibilità di vantare un gruppo musicale. Non i Nomadi, o i Camaleonti, o l’Equipe 84: quelli appartenevano ad un altro periodo, fatto di successi e di contestazione. Semplicemente la TABERNA MYLAENSIS, nata a Milazzo, grazie a ragazzi di Milazzo, per i quali la musica era una passione. Carmelo Gitto si allontana per anni dalla musica, ma la sua vena creativa e compositiva rimane sempre viva. Per molti anni trasmette ai giovani la sua passione e la sua maestria per la batteria. Dopo venti anni di silenzio, si risveglia un mattino: in lui si riaccende, improvvisamente, quel fuoco che per due decenni era rimasto a covare sotto la cenere! Ha la nostra età… non c’è il viale del tramonto, a quello non pensiamo mai: c’è piuttosto il desiderio di proporre le nuove interpretazioni, mescolate ai brani tradizionali di quei due ellepì della Taberna che hanno fatto la storia della musica pop siciliana. Influssi diversi, dovuti a lunga maturazione e esperienza, si mescolano alla sua originalità… CHIARA, SEMPLICE O DIFFICILE, VERSO CASA, INCOGNITE sono brani da ascoltare. Per continuare a parlare di un protagonista che ha voluto ritornare, dopo essersi allontanato per troppo tempo… Ne parleremo, commentandoli, come sono stato solito fare per decenni, anche io, nelle radio. Solo che questa volta la radio è questo giornale, TERMINAL, che ha voluto riconoscere i meriti del protagonista… un vecchio compagno della mia giovinezza, un grande appassionato della musica leggera, un vero rappresentante della nostra Milazzo in campo musicale…”
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