Nel corso della seconda edizione del PREMIO TERMINAL, nell’ormai lontano 2012, Franco Sciotto non era nelle migliori condizioni di salute, quando gli era stato comunicato che gli era stato conferito il riconoscimento. Era venuta la figlia, con gli altri parenti, per ritirare e portare a casa quel premio che anno dopo anno sarebbe diventato sempre più ambito, e che costituisce il segno tangibile dell’affetto che la città, attraverso il nostro giornale, vuole dare ai suoi figli, a coloro che si sono distinti, nel corso della loro vita, e ne hanno tenuto alto il nome in un campo qualsiasi. Lui, Franco Sciotto, maestro pasticciere, lo aveva ottenuto per i lunghi anni dedicati alla sua arte, quella dolciaria, passione che lo aveva attratto fin da bambino. Ricordo che su un vecchio numero di TERMINAL gli dedicammo un piccolo spazio per ricordare ai milazzesi, spesso distratti perché presi da mille impegni a volte insignificanti, che ancora una volta, per Pasqua, il maestro Sciotto avrebbe realizzato i ricercati “pecareddi”…
Rise leggendo la notizia, e quando passai per sapere cosa ne pensava delle “sorpresa”, come al solito parlammo di politica. Ci univa lo stesso ideale, mai rinnegato, per cui ci trovavamo d’accordo nel criticare la pessima gestione della res publica e il fallimento di coloro che, provenienti dalle nostre stesse fila, avrebbero dovuto risolvere i problemi che ci assillavano, come avevano promesso quando si era all’opposizione! I “Ti ricordi?” erano una consuetudine: come poter dimenticare quegli anni lontani, quando ci entusiasmava l’idea di andare a Messina o a Reggio Calabria per ascoltare Giorgio Almirante, anche noi tra la folla di Italiani festanti rappresentati dal tricolore? Ci lasciavamo sempre con affetto, con Franco Sciotto: anche se gli faceva piacere parlare con qualcuno, negli anni, non poteva distrarsi in quel lavoro che lo teneva impegnato per tutta la giornata, ed io so cosa significhi lavorare o gestire un bar, una pasticceria. Proprio quel lavoro gli aveva dato la grande soddisfazione di essere insignito del titolo di Cavaliere, e nel suo bar il riconoscimento a firma del Presidente della Repubblica era incorniciato ed in bella vista! Ne era orgoglioso, e nessuno avrebbe potuto invidiarlo, poiché, in questa nostra città, dove tutti conosciamo tutti, sappiamo che lui, il Maestro Sciotto, aveva dedicato la sua vita al lavoro. Sacrifici necessari quando c’è una famiglia, quando ci sono i figli che crescono, quando ci sono le responsabilità che non lasciano scampo e si deve lottare, giorno dopo giorno, superando gli ostacoli e tornare a casa sorridendo! Lui lo ha fatto questo: i suoi familiari glielo riconoscono. E lo abbiamo riconosciuto anche noi, nel 2012, conferendogli quel premio TERMINAL, forse insignificante rispetto a quel riconoscimento maggiore che è rimasto in quel locale del porto, nel suo Bar Nettuno!
Ma era un dovere, il nostro, ed il mio in particolare: un premio ad un amico, con il quale avevamo in comune la stessa fede politica, a testimonianza della sua arte. E i sacrifici che vedevo fare a lui ogni giorno mi ricordavano quelli che un suo grande amico, con cui per anni aveva lavorato, faceva per noi figli, per anni ed anni, e tanti anni ancora!
Peccato che si è troppo tardi per capirli! Peccato che uno riesce ad apprezzarli quando questi nostri cari vanno via per sempre, lasciando un vuoto indescrivibile ed incolmabile! Ciao, Franco, anzi, cav. Sciotto, fraterno amico. Oggi sono nove anni che non sei con noi. Tuo figlio mi ha ricordato la data: noi spesso le dimentichiamo, ma solo perchè crediamo che siate sempre vicino a noi, magari chiuso in quel laboratorio nel porto, dietro quella rete dalla quale filtra la luce che per anni illuminava le tue giornate. A proposito… dai un abbraccio a mio papà, e con il tuo sorriso affettuoso come solo tu sapevi fare, portagli anche il nostro! E non dimenticarti dei tanti amici che sono lassù…
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