Dal libro DALLA SENA IN POI… (edizioni Lombardo, Milazzo)
La BANDIERA era un gioco disputato sempre tra due squadre, che dividevano a metà il campo nel quale si svolgeva. Con la BANDIERA si esaltavano le doti di velocità dei concorrenti che, posizionati su una linea immaginaria centrale, dovevano toccare materialmente la fine del campo (nella Sena, dove sciamavano decine e decine di ragazzi di tutte le età, erano le case dei lati opposti: da una parte quelle dove abitava donna Concetta, mamma di Serafino e di Salvatore Cannistrà; dall’altra, dove c’era l’officina di don Tano Lombardo e la casazza, mentre in Marina Garibaldi era un palo, all’epoca nero e in legno, della pubblica illuminazione) e tornare indietro, per portare la virtuale “bandiera” fino al centro del campo.
I concorrenti delle due squadre potevano partire contemporaneamente, mentre gli avversari avevano il compito di rincorrerli per fermarli prima di giungere al muro o dovevano ostacolarne il rientro. Se uno dei concorrenti veniva “toccato”, doveva stare fermo e non poteva partecipare al seguito del gioco, a meno che non veniva “liberato” da un altro concorrente della propria squadra che lo rimetteva in gioco.
I partecipanti venivano scelti con la regola del pari o dispari. Spesso toccava ai più bravi tirare a sorte, e la scelta avveniva alternativamente, per cui le forze in campo si equilibravano. Ovviamente gli ultimi ad essere scelti erano i più piccoli o i meno dotati fisicamente, che proprio per questo costituivano una zavorra ma spesso venivano sacrificati come esca: se uno di questi partiva, un avversario lo avrebbe dovuto rincorrere, e contemporaneamente uno dei più veloci scattava per raggiungere la “bandiera” ed entrarne in possesso.
Difficilmente i partecipanti erano dotati di scarpette di ginnastica, con le quali potevano mettere in mostra la loro agilità o velocità: spesso, per essere “imbattibili”, correvano a piedi scalzi, e si esibivano in finte, che consistevano in improvvise fermate, immediate ripartenze, cambi di percorsi o altre diavolerie che spiazzavano l’inseguitore. Anche queste avevano un nome, “traviate”! Le fasi di avvicinamento alla linea centrale risultavano pertanto avvincenti, e vedevano la partecipazione dei giocatori di entrambe le formazioni, che dovevano agevolare il rientro o impedirlo.
C’era la possibilità di sospendere temporaneamente il gioco, per un qualsiasi motivo: bastava solo pronunciare ad alta voce una parola, “pulicenza”, il cui significato è una corruzione del termine “con licenza”, con permesso… tradotto in dialetto siciliano nel più semplice CU LICENZA: e poichè non sempre si conoscevano o si interpretavano i termini originari, ecco che si arrivava a PULICENZA.
Durante la pausa i giocatori potevano anche spostarsi, riprendere fiato, ma alla ripresa dovevano posizionarsi allo stesso punto.
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