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ALBUM DEI RICORDI, IL BORGO MARINARO DI VACCARELLA, IERI E OGGI

La trasmissione Rai Lineablu qualche mese fa ha fatto tappa a Milazzo nel rione marinaro di Vaccarella. La conduttrice ha intervistato alcuni pescatori chiedendo informazioni sulla piccola pesca costiera ed ha visionato lo stato dei luoghi.

Un agglomerato urbano che si estendeva per tutta la lunghezza del borgo e che era stato luogo di aggregazione di centinaia di pescatori, ivi compresi i “casaloti”, allora abitanti in via Riccardo D’Amico attualmente sede di alcune attività di ristorazione. L’arenile era costituito da ghiaia mista ad alghe marine provenienti dal mare; durante l’anno quando era agitato, si estendeva per tutto il rione e ospitava tutte le imbarcazioni adibite alla pesca accuratamente pulite ed in ordine. Le reti messe ad asciugare e riparate subito dopo la pesca, due lavatoi ancora esistenti che le nostre mamme usavano per lavare la biancheria, un cantiere per la  riparazione e per la costruzione di nuove imbarcazioni ora del tutto scomparso e tanto spazio che rimaneva, permettendo a noi ragazzi di trascorrere gran parte della giornata facendo i giochi più disparati perché le rimanenti reti e gli utensili per il momento non necessari erano sistemati altrove.

A volte capitava di assistere al varo di una nuova imbarcazione; il natante veniva benedetto dal sacerdote e successivamente sottoposto al lancio di monete e confetti da parte del  proprietario, il tutto per la gioia di noi ragazzi che facevamo a gara per accaparrarci il massimo del bottino.

Le reti di cotone (oggi sono di nylon) periodicamente dovevano essere tinteggiate, pertanto venivano immerse in grossi recipienti metallici colmi di acqua di mare con l’aggiunta di una polvere di sughero e dopo la bollitura di circa un’ora venivano estratte dai contenitori e messe ad asciugare. Alla fine del procedimento, sui tizzoni dei carboni veniva messa ad arrostire una grossa quantità di pesce che veniva consumata dalle persone presenti.

Ogni tanto capitava che i pescatori affidassero a noi ragazzi la pulizia delle loro barche dopo varie battute di pesca; negli angoli più remoti delle imbarcazioni si poteva trovare del pesce residuo che noi ragazzini vendevamo negli altri rioni della nostra cittadina. Con il ricavato di queste vendite potevamo permetterci di andare al cinema, diventando così assidui frequentatori del cine teatro Trifiletti.

Noi ricambiavamo aiutandoli a mettere a riparo le barche sulla strada quando a causa del maltempo la spiaggia (allora senza ringhiere e senza i mostruosi alberi di oggi) era invasa dalle onde.

La pesca costituiva assieme all’agricoltura l’asse portante dell’economia della città. La zona di pesca comprendeva la costa di levante fino a capo Rosocolmo, il promontorio e la costa di ponente, spingendosi qualche volta fino alle isole Eolie utilizzando i remi e qualche vela.

La pesca veniva effettuata durante la giornata scegliendo le ore in base all’esperienza maturata nel tempo, alle fasi lunari ed all’andamento delle correnti. Venivano usate reti a strascico, di posta (lacciare) e di movimento (cinciori); queste ultime erano reti di grosse dimensioni che venivano impiegate per la cattura del pesce azzurro allora molto abbondante nella zona per grande parte dell’anno.

La pesca veniva effettuata con l’uso delle lampare che, dopo il tramonto, prendevano il largo e non appena in azione, sfruttando la potenza del fascio di luce emesso, richiamavnoa grandi quantità di pesce. Venivano calate le reti ed il  pescato veniva portato nella “Piazzetta”, un tratto di  spiaggia dove attualmente si trova il circolo del Tennis e vela e da lì convogliato nella adiacente pescheria dove veniva direttamente venduto.

Una parte del pescato veniva immessa nel mercato, la rimanente parte veniva conservata trasformandola in prodotto salato o sott’olio. La difficoltà di raggiungere i mercati più lontani (il mercato del pesce surgelato era ancora agli albori), l’impossibilità di praticare la pesca tutto l’anno a causa delle avverse condimeteo erano motivo di un tenore di vita al limite del sostentamento, anche se migliore di altri quartieri della città, tanto da dare al rione di Vaccarella l’appellativo di “Washington”.

I “Casaloti” preferivano praticare la pesca nelle secche di levante e di ponente del promontorio di capo Milazzo o nelle secche di capo Rosocolmo con il “conzo”, un sistema formato da centinaia di ami e nasse, fatte in vimini, da cui era facile entrare ed impossibile uscire catturando pesce di ottima qualità.

Quando si andava a pescare nella “praia”, zona in cui attualmente si trova la Raffineria, dopo la cattura del pesce veniva praticata tra i pescatori ed i contadini della zona la pratica del “baratto” (pesce in cambio dei prodotti della terra).

La spiaggia ed il pescatore erano legati da un vincolo di appartenenza che induceva quest’ultimo a rispettare l’ambiente trasmettendo agli altri lo stesso sentimento.

Lo sfruttamento eccessivo della pesca, l’inquinamento delle acque, la limitazione delle attività della zona di levante dovuta al sorgere delle grandi industrie pesanti, hanno prodotto una crisi irreversibile nel settore, per cui considerando che nel frattempo erano sorte altre realtà lavorative più remunerative, il numero dei pescatori è drasticamente crollato, passando da centinaia ad appena una decina.

La figura del pescatore professionista è stata offuscata da altre figure che si autodefiniscono pescatori dilettanti, il cui scopo era quello di incentivare economicamente il reddito prodotto dalla loro normale attività lavorativa e da altre figure che hanno soltanto l’interesse alla conservazione del posto barca, pagando un canone mensile di appena dieci euro. La spiaggia ha subìto quindi una trasformazione in peggio rispetto al passato, venendo a mancare il rapporto che legava la stessa con i pescatori.

Si è venuto a creare un caos nell’uso della spiaggia sia perché la società marinara che l‘ha presa in gestione ha sfruttato al massimo l’arenile ricavando 150 posti barca sia perché i nuovi utenti hanno riversato nella spiaggia tutto ciò che avevano in più nelle loro abitazioni. Quella che un tempo era stata una spiaggia ordinata ed accogliente è diventata una spiaggia talmente degradata al punto che qualcuno si è sentito in dovere di coltivare ad uso personale sulla stessa un orticello di alcune decine di metri quadri .

Oggi qualcuno che volesse raggiungere l’arenile corre il rischio di farsi del male a causa degli ostacoli che incontrerebbe lungo il suo cammino.

Per porre fine a questo marasma la società “Nino Salmeri“, che ha in gestione la spiaggia, per restituire al borgo marinaro l’antico splendore dovrebbe

1) aumentare il canone mensile tranne che per i pescatori professionisti

2) rimuovere i relitti delle imbarcazioni che giacciono sull’arenile permettendo ai proprietari la vendita dell’imbarcazione ma non il posto barca

3) la sostituzione  degli attuali alberi, molto invasivi e dannosi per l’habitat marino con altri più idonei alla zona

4) fare piazza pulita di tutto ciò che non è non necessario ai bisogni delle imbarcazioni.

Solo così si verrebbe a creare almeno in parte quel legame di appartenenza dell’utenza alla spiaggia che ha fatto del rione di Vaccarella una località unica e suggestiva.

Com.te Sciotto Mario

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