PER RICORDARLO, OSPITAMMO SU TERMINAL UN COMMENTO DI MASSIMO D’AMORE…LO RIPROPONIAMO AI LETTORI DEL GIORNALE.
– Ho saputo della scomparsa di Stefano Cartesio mentre ero a Roma e sono riuscito appena a raggiungere la chiesa in cui l’ultimo saluto ha interrotto una storia lunga 40 anni. Io ero appena nato e Cartesio era già sindaco, 1969! …chiaramente appartenevamo a generazioni ben diverse. La prima volta che lo vidi fu insieme ad una delegazione del M.C.L., nel 1984, strinse la mano a tutti compreso “al ragazzino”. Superò indenne tangentopoli come tutte le persone perbene a cui gli schizzi di fango frutto di una politica bellica, scivolano in poco tempo. Al crollo del ’93 “spense” la sua “prima linea” politica per riprenderla da semplice iscritto al Partito Popolare Italiano poco dopo; fu lì che ci ritrovammo. Ero già consigliere comunale ma non vidi mai in lui il “vecchio politico” con l’atteggiamento “condizionante” di chi vuol strumentalizzare, tutt’altro… se in quella fase vi fu uomo puro, alla ricerca del “giusto”, fu proprio lui, forte del non dover “nulla chiedere” nella consapevolezza che una fase era chiusa. Furono altri, perché la politica non perde (anche in presenza di persone perbene) le proprie negatività, ad irretirlo, blandirlo, forse anche tentare di manipolarlo in un contesto in cui chi avrebbe dovuto recitare la parte dell’uomo di esperienza, del “lupo”, rimaneva invece vittima di una “nuova politica” che mostrava tutta la propria volgarità nella “emancipazione del tradimento” e nella teoria “strategica” fondata sulla bugia e nel sotterfugio. La candidatura di Cartesio a sindaco, risoltasi con i soli voti di stima e finalizzata ad interessi “non suoi”, fu un atto di generosità e di servizio ad una causa in cui pochi credevano veramente. La successiva nomina a presidente del consiglio comunale, nel 2000, fu invece l’ultima prova della differenza tra generazioni politiche. Al netto delle speculazioni politiche, di cui entrambi fummo vittime spesso inconsapevoli nella fase di condivisione partitica, non ricordo mai un Cartesio esagitato o alterato; quel “padre politico vero” che sentiva di essere in ogni diatriba cui assisteva, lo poneva “al di fuori” e “al di sopra” pur senza trarre mai da ciò un interesse personale. Sottovoce si diceva che non si era arricchito con la politica quasi a volerlo differenziare da quella che appariva una “normale” consuetudine; con lo stesso volume i detrattori interessati dicevano che “pur di fare il sindaco” avrebbe accettato chissà quali compromessi… io credo invece che questa città avesse poche persone capaci, in quel contesto, di assommare “in sè” un determinato stile ad una conclamata onestà personale e disponibilità professionale.
Milazzo è un po’ più povera adesso. Ed a renderla povera non c’è solo la scomparsa di quelle figure come Cartesio capaci di essere punti di riferimento per la politica ma anche per la gente… la rende povera la mancanza di un ricambio generazionale “vero”, di persone che sappiano anche “condividere” percorsi politici volti alla costruzione di una nuova comunità, che non siano accentratori, che non pongano come unica soluzione “se stessi” e come potenziale problema ogni altro soggetto… che sbaglino a calibrare quell’equilibrio tra cinismo e disponibilità lasciando che la percentuale del primo soverchi la seconda…
Ricordare Cartesio oggi credo significhi innanzi tutto questo: ricordare una figura dai contorni talmente netti da non lasciare dubbi su cosa si è perso.