PIPPO STRAMANDINO: uno dei tanti che i giovanissimi non hanno conosciuto. Eppure il suo era un volto noto in quella vecchia pescheria che era un brulicare di persone fin dalle prime luci dell’alba. Alle spalle dell’Ufficio Postale, a due passi dal municipio, occupava una strada nella quale il traffico veicolare non avrebbe avuto alcun senso, tranne che per reperire un parcheggio. Fu per decenni il nucleo commerciale di una città che dalla pesca traeva profitto e sostentamento. Davanti alle piccole botteghe dei venditori di pesce si trovavano i banchi allineati, rispettando una linea immaginaria che spesso veniva superata da una cesta di pescato fresco, e che a sua volta forniva agli altri lo spunto per avanzare anche di pochi centimetri, in una gara per la concorrenza subito repressa dai vigili urbani, che avevano, su precise indicazioni del tenente Spoto, il compito di controllare il rispetto dell’occupazione del suolo pubblico.
Sui banchi svariate qualità di pesce, spesso estraneo ai nostri fondali, si alternavano a tonni, pescespada, totani, spatole, acciughe, gamberi, palamiti, polipi, vongole, cozze o altri, tutti spacciati per “freschi”, anzi “freschissimi”. Quasi dimenticati quelli che avevano il pregio di costituire per una moltitudine di milazzesi, le cui condizioni economiche non erano affatto floride, il piatto preferito ed alternativo: cefali, pesantoni, sgombri, sarde, ma anche specie denominate con termini dialettali: smidili, capuni, monacedde, sparagghiuni…
In alto, tende rosse, in estate ed in inverno, sotto le quali pendevano gigantesche lampade accese in pieno giorno per illuminare e colorire le scaglie di quel ben di Dio, mentre i venditori facevano a gara, sfruttando le loro capacità vocali, per invitare la vasta clientela (per la quale il giro in pescheria era un’abitudine giornaliera) ad ammirare e comprare quanto messo in esposizione. Erano proprio gli stessi commercianti ad offrire la loro mercanzia anticipando le richieste dei clienti, molti dei quali procedevano confusi e frastornati dagli schiamazzi, osservando i vari banchi, attenti più ai prezzi che alla freschezza del prodotto, e sperando talvolta in un ammiccamento complice del venditore che li distogliesse da un incauto acquisto e consigliasse un tipo di pesce piuttosto che un altro, spesso indicato con l’indice, dando l’impressione che stesse indirizzando il cliente verso l’affare…
Chi di noi non ne avrebbe da raccontare della pescheria? Ne ho parlato nel libro ALTRO GIRO, ALTRA CORSA, edito da Lombardo, e grazie al quale molti hanno avuto la possibilità di ricordare nomi, volti e momenti spensierati, emozionanti o divertenti. Nel libro mi sono soffermato anche sugli amici della pescheria, in quegli anni che si allontanano sempre più ma che meritano di rivivere nella storia di Milazzo per essere ricordati dai più giovani. Pippo STRAMANDINO, che qualche giorno fa ci ha lasciati, era uno dei bambini delle “palazzine” del vecchio viale Alberato, alle spalle del Mulino: lo vediamo ritratto assieme a Franco e ad altri piccoli coetanei in una foto pubblicata nel libro appena citato.
Non ho avuto purtroppo la possibilità di salutare PIPPO come si fa con un vecchio amico: purtroppo la difficoltà del momento ci impedisce di assolvere compiti ed impegni per i quali fino allo scorso anno non esisteva alcun divieto o limitazione; ma questa pagina di un album incancellabile mi permette di dargli oggi un posto fra i miei ricordi e di collocarlo in quella pescheria, rivedendolo nel pieno degli anni e delle forze! Nonostante all’epoca Pippo fosse poco più che un ragazzo, assieme al fratello Franco affiancò papà, don Natale Stramandino, uno dei primi amici di un giovanissimo don Andrea arrivato negli anni 50 a Milazzo. E sia Pippo che Franco, di qualche anno più grandi di me, nei nostri incontri facevano frequenti riferimenti a mio padre, che li aveva visti crescere a due passi dal Bar Castelli, e perchè grande era il senso di rispetto in anni ormai lontani. E analogo rispetto era con tutti gli altri titolari di botteghe o semplicemente addetti alla vendita in quella pescheria: i fratelli Vitale, Stefanino e Jano; Turi Conti; don Ciccio Salamone; Sarino Spoto; i fratelli Del Bono; Santino Caravello; Vittorio Formica; Nino Catanzaro; Iachino Cento; Ciccio Rondone; Sarino Romagnolo; Franco e Mimmo Vitale con il loro papà; Nicola Franco, Nino e Mario Salamone, Enzo Quattrocchi…. molti andati via per sempre, ma ricordati per essere stati ogni giorno il riferimento di una miriade di clienti e gli artefici della crescita della pescheria e del ruolo da questa esercitata in una città, prima e dopo la scoperta del sogno industriale. Pippo STRAMANDINO, già da bambino, con i pantaloncini corti, era uno di costoro. PIPPO STRAMANDINO merita di rivivere anche se è lassù ad abbracciarli tutti per noi!
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