Tutto cominciò parecchi anni fa perchè “…negli anni 60 lo smaltimento delle acque meteoriche provenienti dai terreni posti in località Botteghelle, Fiumarella, l’attuale via Catania e così via, avveniva tramite un cunettone che iniziava a Botteghelle all’incrocio con la S.S. 113 e proseguiva lungo la via Rio Rosso per sboccare sul litorale di ponente in località Grunda/Fossazzo. L’opera idraulica realizzata dalla Provincia di Messina presumibilmente intorno all’anno 1955 aveva le funzione di scolmatore e/o raccoglitore di tutte le acque meteoriche di superficie provenienti dai terreni ricadenti nelle località anzidette“.
Il corpo idrico a sezione trapezoidale, tutto a cielo aperto, in alcuni punti aveva una profondità di circa tre metri ed una larghezza alla base tale che consentiva agevolmente il transito delle squadre di operai/cantonieri della provincia di Messina dotate di carriola che annualmente procedevano all’asportazione dei detriti e delle sabbie depositate sul fondo per effetto della decantazione, trasportate dalle acque meteoriche provenienti dalle campagne anzidette. Se vogliamo essere più precisi, la sua sezione, in un metro lineare, poteva raggiungere anche un volume di ben TRE METRI CUBI! Per i tempi era un’opera altamente efficiente e perfettamente funzionante. I residenti ricordano bene un episodio tragico: un contadino per scampare ad un violento temporale tentò di saltare il fossato con la sua bicicletta per guadagnare la strada di ritorno a casa, ma cadde all’interno e venne trascinato dalla violenza delle acque meteoriche che lo condussero sul litorale di ponente.
I politici di oggi, animati di tutte le buone intenzioni di questo mondo per risolvere i problemi, probabilmente non conoscono, perchè non solo NON SONO DOCUMENTATI, MA PERCHE’ NESSUNO HA MAI PARLATO DI CIO’ CHE ACCADDE NEGLI ANNI 80!
Con l’esecuzione dei lavori di metanizzazione sulla via Rio Rosso, il comune autorizzò l’impresa a stendere le tubazioni per la condotta del metano ALL’INTERNO DEL CUNETTONE, che al termine della posa dei tubi fu riempito con materiale di riporto. L’opera idraulica cessò la sua gloriosa funzione, e nacquero subito i problemi mai risolti!
Per porre rimedio al clamoroso AUTOGOL, e visto che le acque della Piana non avevano più un canale che le convogliasse, si pensò di porre rimedio affidando un appalto ad una ditta di Milazzo. Questa aveva il compito di realizzare, all’interno del corpo stradale, una condotta per lo smaltimento delle acque bianche di superficie che in buona parte provenivano dalle campagne. Il restante segmento del corpo idrico quello che andava verso mare, fu eliminato!
Ovviamente la nuova condotta del diametro di 60 cm circa, approvata dal Comune, non poteva mai svolgere le funzioni o sostituire l’efficienza dell’antico cunettone, la cui portata era DI OLTRE DIECI VOLTE SUPERIORE! In più, parecchi fra i proprietari dei fabbricati situati sulla via Rio Rosso allacciarono abusivamente lo scarico delle acque nere del proprio immobile, e va chiarito che in quegli anni non esisteva ancora il depuratore. L’individuazione dei titolari degli allacci abusivi portò ad una dettagliata denuncia in Pretura.
Da quel momento ebbero inizio gli allagamenti, sulle zone di Santa Marina, ove all’intersezione via Rio Rosso/via Santa Marina fu realizzato un dosso per far defluire l’enorme volume di acqua verso mare. Le acque provenienti da via Fiumarella si incanalarono naturalmente verso Milazzo fino raggiungere San Paolino.
Nel corso di QUASI QUARANT’ANNI molte superfici agricole, che in passato consentivano l’assorbimento delle acque piovane, sono state cementificate; la nascita di decine di vivai, che hanno impermeabilizzato i terreni senza creare vasche di raccolta delle acque, hanno prodotto un irrazionale sversamento delle acque piovane stesse sulle strade oggetto di allagamenti. Va ribadito che anche in passato l’acqua, in caso di pioggia, giungeva a San Paolino, ma in minima quantità: si trattava infatti di quella proveniente da via Due Bagli, che poi proseguiva verso il vecchio Ristorante “Brattuni” (sic) mediante un canalone e da qui verso il mare. Oggi l’accesso al mare è stato impedito dalla realizzazione dei lavori di ampliamento del porto, e le costruzioni di barriere in cemento impediscono il naturale deflusso delle acque verso il mare. Una lunga striscia di cemento a levante come a ponente (non va dimenticato che su tutta la riviera di Ponente è stato realizzato, al confine con la parte demaniale, uno sbarramento che ha preso il posto del vecchio guardrail: un marciapiede la cui altezza è una diga alle acque che prima scendevano libere verso la spiaggia…). Sarebbe opportuno che la buona volontà dei consiglieri e degli amministratori si confronti con chi sa COSA E’ ACCADUTO NEGLI ANNI! Se ci sono state inadempienze, tolleranze, complicità, omissioni, leggerezze, ma soprattutto INCOMPETENZE di chi aveva il dovere di sorvegliare è giusto che vengano alla luce per evitare che venga sprecato con opere inutili e dispendiose il denaro pubblico, e la città continui a pagare, oggi e in futuro, per colpa di chi in passato non ha saputo svolgere il suo ruolo!”.
A rinforzare le nostre motivazioni, ecco la dichiarazione dell’avvocato Alfredo Zappia, che a proposito del tratto terminale di via Nino Bixio che si collega con largo Buccari (prima di arrivare in via dei Mille) aggiunge: “… una volta lì scorreva un vero e proprio torrente proveniente dall’attigua Via Migliavacca il cui deflusso finiva a mare. Oggi grazie all’ingrandimento del porto, frutto di ingegneri sapientoni, si è creato uno sbarramento che inizia dalla zona del Lido Azzurro fino al Municipio, evitando così che il normale flusso delle acque finisca a mare come una volta; in effetti a memoria d’uomo non si ricorda che la zona interessata, compreso il terminal aliscafi, si fosse allagata in quei termini. Altra storia è la Via San Paolino, se non si toglie lo sbarramento del vecchio tracciato ferroviario, per intenderci dove una volta c’era il passaggio a livello (altezza pescheria Caravello) e non viene a sua volta ripristinato, sotto la strada di via San Paolino, un sottostante canalone, della stessa larghezza della sovrastante carreggiata, alto più metri per una regolare manutenzione per la rimozione di detriti e sabbia, così da riportare come una volta quello che era un torrente oggi sostituita da una strada, assisteremo a quanto verificatosi ieri e forse in modo più irruento e più frequenti nei prossimi anni. Mi direte: ci vogliono finanziamenti di decine e decine di milioni di euro, e vi saranno mille difficoltà per spostare decine di cavi elettrici, telefonici, fogne, scolo acque bianche e tanto altro. Ma se il comune non avvia un progetto simile questo problema ce lo porteremo sempre chissà per quante generazioni: quel sindaco che inizierà a farlo, sarà ricordato per tanto tempo“. L’avvocato Zappia non parla – ma conosce bene – anche la situazione che si verifica a Parco, nei pressi dell’altro passaggio a livello. Anche lì occorrerebbe fare lavori analoghi a quelli di via San Paolino, e convogliare le acque piovane verso il mare tramite canaloni sotterranei. Per non sprecare i soldi dei cittadini…
Commenti
Ormai la legge parla chiaro. Le acque meteoriche, anche di prima pioggia, non possono più andare nè in fogna nè a mare perchè inquinano. Devono essere raccolte, trattate e poi eventualmente buttate a mare. Anche la pioggia che cade a pochi metri dal mare non ci può andare, per questo ci sono barriere e marciapiedi. Certo, è brutto vedere allagamenti accanto alla battigia, ma la colpa è dei progettisti delle strade che non hanno previsto un convogliamento delle acque meteoriche in siti adatti.
Mai legge è stata più balorda… infatti quando piove , sul mare si mette un impermeabile per evitare di inquinare