Lo sport più seguito dagli italiani è da tempo ostaggio di un sistema perverso che divora l’etica sportiva.
Tra i tanti interessi e problematiche che vi sono, quello delle scommesse non è un fenomeno marginale come si vuole fare credere, ma un meccanismo che trasforma il calcio in una gigantesca roulette dove l’unica regola è l’arricchimento.
Il problema non è nuovo, ma si è enormemente amplificato con la liberalizzazione selvaggia delle scommesse. Oggi, con pochi click da smartphone, chiunque può piazzare decine di scommesse su ogni minimo dettaglio: dal numero di cartellini all’angolo del primo gol, dalla sostituzione del portiere al minuto esatto di un cambio.
Le possibilità di manipolazione sono infinite. Un giocatore può facilmente aggirare i controlli scommettendo tramite prestanome, familiari, amici. Chi può davvero verificare se il terzino destro della squadra di Serie B ha convinto un suo amico a scommettere su un suo probabile cartellino giallo? Chi può controllare le migliaia di transazioni che avvengono online ogni secondo?
Le piattaforme di scommesse sono diventati predatori legali che si nutrono della passione sportiva, attraendo persone in una spirale di dipendenza e corruzione. Il rischio non è solo la singola partita truccata, ma la progressiva erosione della credibilità di tutto il movimento calcistico.
Le federazioni e gli organismi di controllo appaiono sempre più inadeguati. Alcuni casi eclatanti sono emersi (gli ultimi tramite Fabrizio Corona, il che la dice lunga sulla credibilità dei controlli..) ma è evidente che sono solo la punta di un iceberg, usati per non far affondare il carrozzone. Le sanzioni attuali sono ridicole: una squalifica di pochi mesi, qualche multa, nulla più.
Lo sport non è una scommessa. È passione, sacrificio, sogno. E dovrebbe rimanere tale. Ma forse è ormai troppo tardi per restituire al calcio la sua anima, sottraendolo alla logica spietata del profitto.
WI
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