Louis Armstrong, detto Satchmo, è stato uno dei più grandi musicisti jazz del mondo, raggiungendo la fama inizialmente come trombettista, per poi affermarsi come uno dei più importanti cantanti jazz anche presso il grande pubblico, soprattutto verso la fine della carriera. Viene considerato una delle più grandi e influenti personalità in campo musicale del ‘900, e le sue innovazioni hanno permesso alla musica jazz di evolversi ed espandersi, contribuendo a renderlo un genere celebre in tutto il mondo.
Era nato nel 1901, in una famiglia povera a New Orleans ed era nipote di schiavi. Trascorse la sua infanzia in un sobborgo difficile di New Orleans, noto come “The Battlefield”. Suo padre, William Armstrong (1881-1922), abbandonò la famiglia poco dopo la nascita della seconda figlia Beatrice (1903-1987), quando Louis era ancora piccolo e la madre, Mayann Armstrong (1886-1942), affidò Louis e la sorella Beatrice alle cure della nonna, Josephine Armstrong, e a volte allo zio Isaac Armstrong. Crebbe nei livelli più bassi della scala sociale, in una città caratterizzata da una forte discriminazione razziale. A cinque anni tornò a vivere con la madre e la sorella. Frequentò la Fisk School for Boys, che accettava bambini neri e lavorò per la famiglia Karnoffskys, ebrei di origine lituana, aiutando i loro due figli, Morris e Alex, a raccogliere rifiuti e avanzi rivendibili e a consegnare carbone, come raccontò lo stesso Armstrong nei suoi scritti. Raccontò che fu allora che si rese conto che anche gli ebrei all’epoca subivano una forte discriminazione, ancor più dei neri. Per attirare gli acquirenti, Armstrong suonava un piccolo corno e Morris Karnoffskys gli diede un anticipo per comprarsi una cornetta al banco dei pegni.
Pur avendo avuto una infanzia difficile (finì in riformatorio per la prima volta a nove anni), Armstrong non considerava quegli anni come negativi e anzi ne trasse ispirazione; in un’intervista dichiarò: “Ogni volta che chiudo gli occhi per soffiare nella mia tromba, guardo nel cuore della buona vecchia New Orleans… Mi ha dato qualcosa per cui vivere”.
Si sarebbe spento nel 1971, all’età di 70 anni, non ancora compiuti. Quando giunse la notizia della sua scomparsa, ci rassegnammo pensando che fosse vecchio. E come vecchio aveva partecipato al festival di Sanremo nel 1968 (non aveva ancora 67 anni, meno di quanti ne hanno oggi Gino Paoli, Gianni Morandi, Ornella Vanoni e tanti altri cantanti dei favolosi anni 60!) meravigliando per la sua grinta e affascinando il pubblico con la sua classe!
Venne ritenuto grande, anzi vecchio, quando nel 1967 interpretò una canzone dal titolo What a Wonderful World. Il brano arrivò in prima posizione in Gran Bretagna ed in Austria, in seconda in Danimarca ed Irlanda, in sesta in Germania Ovest e Norvegia ed in settima in Svizzera. Dopo venti anni, il brano venne inserito nella colonna sonora di Good Morning, Vietnam. Era il 1988, Louis Armstrong era morto da un pezzo, ma fu immediatamente riscoperto e non solo come esecutore e cantante di motivi jazz, ma come uno straordinario interprete di una canzone destinata a fare parte della storia della musica internazionale. What a Wonderful World è stata intesa dai suoi autori come un invito alla scoperta del piacere della vita: dai toni ottimistici e rilassati, esalta la bellezza del mondo e della diversità fra i popoli, oltre a costituire un invito a non diffidare del futuro. Fu pensata come una sorta di antidoto al crescente clima di tensione politico e razziale negli USA e scritta appositamente per Armstrong, il quale faceva presa sul pubblico.
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