I giovani di oggi non lo sanno, ma fino agli anni 80/90 sui treni, veloci o meno veloci, c’erano dei veri e propri salotti con una porta scorrevole che, chiusa, ti separava dal mondo.
Sei poltrone o sei poltroncine, rispettivamente di prima o di seconda classe. La cosa bella di quelle carrozze divise in scompartimenti-salotti era che si faceva subito amicizia. Era impossibile non farla.
Lo scompartimento era una piccola proiezione di casa propria dove la regola era l’incontro casuale con persone sempre nuove. Chi ti sedeva a fianco o di fronte immancabilmente dopo le prime parole ci si presentava e ci si conosceva. Quel piccolo salotto dotato di una finestra sui panorami più belli e più diversi diventava un vero e proprio confessionale. Qualcosa di inevitabile spingeva a farlo. Ciascuno, dopo la presentazione, spontaneamente oltre a confidare i motivi del viaggio raccontava esperienze della propria vita.
Fatti che nessuno aveva chiesto di raccontare ma che, si vedeva, si provava piacere nel raccontare.
Capite?
Una persona che minuti prima era un perfetto sconosciuto, diventava così un vecchio amico che con piacere non vedeva l’ora di raccontarsi. Nessuno si sottraeva a quel piacere. Tanto grande era la magia di quel salottino viaggiante.
Vincenzo Rotunno
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