In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 21 APRILE 2024 (Gv.10,1-18)
L’icona di Gesù buon pastore con la pecorella bianca sulle spalle, è una delle immagini più dolci che da sempre fanno parte della nostra tradizione. In questo brano Gesù si identifica con un pastore (mestiere molto comune in quel tempo) e Giovanni usa l’aggettivo in greco “Kalos” che significa, vero, bello. Quindi Gesù non è soltanto il pastore buono, ma è anche il pastore vero, l’unico che può guidare il suo gregge. Un pastore vero non si limita a proteggere il gregge, ma ama talmente tanto le pecore, da dare la sua vita per loro. Dare la vita significa impegnarsi fino allo sfinimento, fino ad accettare tutte le amare conseguenze (le incomprensioni e perfino la morte) affinché le pecore comprendano i principi e i valori del Pastore. Però, dice Gesù, nella prateria può starci anche il pastore mercenario. Il mercenario non è Kalos ma prezzolato, agisce solo per interesse personale e se ne infischia del benessere delle pecore. Il vero pastore conosce le sue pecore e le ama così come sono. Ma le pecore, conoscono veramente il loro Pastore? Gesù assicura di sì. Sono capaci di accorgersi della sua bontà? Sono capaci di accogliere il suo amore e di ricambiarlo? Gesù, che è paziente, benigno, che non si adira, non tiene conto del male ricevuto, che tutto copre, tutto spera, tutto sopporta, (1Cor. 1,1-13) nel suo immenso ottimismo, assicura di sì. Gesù è il Pastore-guida di tutte le pecore-individui perché il suo amore non è selettivo o discriminante, ma è inclusivo. Per il Signore non ci sono divisioni tra giusti e ingiusti, tra meritevoli e non meritevoli, tra uomini e donne, tra connazionali e stranieri, tra credenti e non credenti, ma a tutti offre il suo abbraccio vitale e amante per farci diventare: “un solo gregge e un solo Pastore”.
MARIELLA RAPPAZZO