RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Abbiate la pazienza di leggere, a distanza di giorni dalla bagarre di Montecitorio, una reazione sbagliata alle provocazioni insensate e perduranti della sinistra secondo la vecchia metafora dell’esca e del pesce… Chi getta l’esca fa il suo mestiere, chi si fa infilzare l’amo sul palato ha abboccato. Punto.
La campagna elettorale è finita, è ora di dire e scrivere la verità, soprattutto a beneficio della gente del Sud, strumentalizzata per decenni da imbonitori che vogliono solo derubarla.
Nel 2001 la maggioranza di centrosinistra modificò, alla vigilia dello scioglimento delle Camere e con soli tre voti di differenza, il Titolo Quinto della Costituzione per attribuire maggiori poteri alle Regioni. La modifica più delicata è stata quella all’articolo 116 terzo comma che prevede appunto che la legge ordinaria possa attribuirgli “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. Un principio pericoloso soprattutto perché tale ‘legge ordinaria’ non fu mai fatta e il Parlamento non potè mitigare le richieste, alcune assai esagerate, delle Regioni. Per oltre 23 anni questa novità, imposta dalla sinistra, ha messo davvero in pericolo l’unità nazionale.
Nel 2017 infatti l’Emilia Romagna presieduta da Stefano Bonaccini (Pd), la Lombardia presieduta da Roberto Maroni e il Veneto presieduto da Luca Zaia (Lega), sotto il Governo Gentiloni (Pd), avanzarono formalmente la richiesta di attribuzione di nuovi poteri dallo Stato. Lombardia e Veneto anche attraverso referendum popolari consultivi. Le Regioni iniziarono a brigare per avere più poteri stipulando pre accordi con i governi Conte e Draghi, che divennero contagiosi… Si stavano accodando infatti la Regione Campania con Vincenzo De Luca (Pd), la Regione Piemonte con Sergio Chiamparino (Pd), la Regione Toscana con Eugenio Giani (Pd) e non solo… L’obiettivo era la gestione esclusiva di materie concorrenti con lo Stato.
Le stesse personalità citate hanno fatto oggi le barricate per contrastare l’approvazione della legge: semplicemente ridicoli.
Praticamente nell’arco di un quinquennio, tra Gentiloni, Conte e Draghi, i diversi ministri e sottosegretari (sott. Bressa del Pd, min. Erica Stefani della Lega, min. Francesco Boccia del Pd) hanno accelerato il percorso formalizzando le intese con i governatori regionali. Un processo nel quale il Parlamento veniva saltato a piè pari inaugurando la singolare procedura dell’autonomia regionale di fatto, realizzata per via amministrativa con accordi bilaterali e senza contemplare il banale precetto del diritto da parte di tutti i cittadini ad avere i medesimi LIVELLI ESSENZIALI DI PRESTAZIONI, i famosi ‘LEP’ introdotti dal Governo Meloni su proposta di Fratelli d’Italia. Quei governi infatti non presentarono mai una legge per garantire la centralità democratica del Parlamento e la garanzia dell’equità sociale nord/sud con stessi livelli di assistenza. Soltanto grazie a noi questa procedura viene completata con il passaggio per le Camere e perfezionata attraverso l’individuazione di principi inderogabili quali la subordinazione ai livelli essenziali delle prestazioni per garantire quell’unità nazionale e quella parità di accesso ai servizi per tutti i cittadini.
Abbiamo impedito cioè che i nuovi poteri alle regioni fossero attribuiti senza un vigile controllo del Parlamento, organo delegato a operare nell’interesse primario della Nazione.
Chi stava per spaccare l’Italia era dunque la sinistra, in primis il Pd, già responsabile della disastrosa riforma del Titolo Quinto, che come dimostrano le relazioni annuali della Corte Costituzionale e della magistratura amministrativa ha esploso le conflittualità tra Stato e Regioni.
La novità introdotta con gli emendamenti di Fratelli d’Italia garantisce che su tutte le materie, tra le quali trasporti, sanità, scuola, energia, ci siano gli stessi standard a Milano come a Palermo.
Il premierato in parallelo rafforza lo Stato centrale in una sana politica di bilanciamento e presto completeremo l’opera con la riforma per Roma capitale, destinata a cambiarne lo status giuridico e l’efficienza di una città universale ridotta a una latrina da decenni di governi di sinistra. Quando questo quadro organico di riforme sarà varato potremo dire che la Rivoluzione dolce è arrivata a compimento.
Dunque la legge approvata dal centrodestra è stato un passaggio obbligato dalla modifica costituzionale fatta dalla sinistra, ha sventato un rischio secessionista e l’aumento del divario tra Regioni del Nord e Regioni del Sud.
Questa la realtà, per i creduloni ci sono sempre le fiabe della pifferaia arcobaleno Elly Schlein, già vice presidente della Regione Emilia Romagna quando Bonaccini faceva l’autonomista catalano.
Ci vuole tanta pazienza…
Fratelli d’Italia, sezione Marzio Tremaglia
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