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FILIPPO DE GAETANO, PER SEMPRE GIOVANE…

SI E’ SPENTO DOPO AVER DEBELLATO UNA CRUDELE MALATTIA, MA UN ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO NON HA LASCIATO SCAMPO AD UNO DEGLI ARTEFICI DEL RINNOVAMENTO DEI COSTUMI che ha coinvolto, nell’arco di alcuni decenni, i giovani di Milazzo e della provincia, e non solo! La sua scomparsa mi lascia attonito, e tracciare un profilo dell’uomo che nel corso della sua giovinezza (mai finita, perchè giovane lo era rimasto dentro, come tanti di noi d’altra parte…) mi riporta ad un passato ormai lontano. Ho voluto scegliere una foto dell’amico Giuseppe Cannistrà, che ha saputo immortalare, nei suoi innumerevoli scatti, le immagini più salienti di una Milazzo che non c’è più. Immagini in bianco e nero, un gusto diverso per chi ama vivere di ricordi, di sensazioni, di sentimenti; ma non di rimpianti. 

Filippo De Gaetano, figlio di Umberto (denominato chissà per quale motivo Principe) e della signora Francesca Firmanò, era il secondo di due figli. La mamma gestiva un’avviatissima bottega di alimentari nel cuore di Milazzo, in piano Baele, prima dell’avvento dei supermercati. Quelli della mia generazione ricordano il nonno, Filippo Firmanò, seduto davanti alla porta, così come si usava all’epoca, su uno sgabello di plastica (i primi) arancione: due coni rovesciati ed inseriti l’uno nell’altro. Le mani appoggiate su un bastone, gli occhiali scuri, stava per ore in religioso silenzio. Filippo aveva il nome del nonno materno, come si usava un tempo. Con il fratello maggiore, Giuseppe (come il nonno paterno) faceva parte di quella numerosissima schiera di ragazzi che amavano gli sport, praticati fin dalla giovanissima età… Ho dedicato spazio a Filippo ed a suo fratello, qualche anno fa, proprio su TERMINAL SPORT, parlando degli sport in una Milazzo più felice anche se più povera: protagonisti di un simpatico quadretto, tratteggiato con agili passaggi e rimasto ancora vivo nei miei ricordi, ma arricchito di particolari perchè pronto per essere pubblicato sul mio prossimo libro.

“Innamorato della pallacanestro, che in quegli anni si giocava nell’atrio del Carmine, Filippo usciva da casa, sul retro della bottega, dalla porta che dava in via Pescheria; con gli ultimi bocconi del cibo ancora in bocca, in mano aveva il pallone di basket, che aveva acquistato per potersi allenare da solo, anche se non aveva ancora dieci anni. In quella Milazzo nella quale si conoscevano tutti, vedere passare Filippo palleggiando, in quei pochi metri di strada, significava la fine della quiete del primo pomeriggio. Superato il Bar Castelli, eccolo già sotto l’arco, e quindi nell’atrio del Carmine, vuoto per l’orario insolito. Estate ed inverno, Filippo prendeva posizione in campana, e cominciava a tirare a canestro dai vari punti, in un gioco che si chiamava Giro d’Italia o qualcosa del genere! Stava per lungo tempo da solo, a deliziare chi si era ormai abituato ai palleggi sulle mattonelle dell’atrio e ai colpi che andavano a battere sul tabellone. Dopo qualche minuto, arrivava il padre: camicia sbottonata sul davanti, si affacciava dalla porta posteriore del bar, e rimaneva per lungo tempo ad ammirare le evoluzioni del figlio. Non diceva nulla, il Principe. Sorrideva cercando di non farsi notare. Ma c’era sempre chi, per stuzzicarlo ed iniziare il pomeriggio in maniera briosa e divertente, come si era soliti fare in quegli anni, lanciava qualche battuta, alla quale lui, lapidario, rispondeva “Stàttiti mutu, sceccu!“. Un siparietto divertente, che spesso coinvolgeva i barman e i primi avventori pomeridiani del bar: i soliti clienti, affezionati e legati da rapporti indissolubili di amicizia, per i quali il caffè era il modo migliore per facilitare la digestione. Intanto Filippo nell’atrio continuava i suoi palleggi. Pian piano arrivavano anche gli altri ragazzi, per i quali il basket era una realtà: Massimo Lombardo, Aurelio Catanzaro, suo fratello Peppe De Gaetano, Nello Principato, Alberto Cocuzza, Giacomino Calascione, e via via tutti gli altri, fino a raggiungere il numero giusto per la solita partitella… Per quel giorno il tambureggiamento di Filippo De Gaetano era cessato. Ora prevalevano gli schiamazzi, le urla, i rimbalzi sui tabelloni, le sudate, le pause per abbeverarsi alla fontana adiacente ai bagni pubblici, le risate divertite di quei ragazzi di ieri …”

Filippo, mio giovane e carissimo amico… io preferisco ricordarti così. Vorrei scrivere ancora qualcosa ma, credimi, non ci riesco. Le lenti sono appannate, non so cosa sia, forse il caldo, forse il sudore… forse qualcos’altro…

Ma ho il tempo di affidarti un messaggio: abbraccia per me il Principe…

Ciao, piccolo grande giocatore di basket, ti porterò nel cuore. 

 

Commenti

1 Commento

  1. Ringraziamo chi ha scritto è descritto Filippo e la sua famiglia.Mi sento come persona vicina a lui di ringraziare con calore e stima.Grazie da parte di Francesca

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