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FINALMENTE!!! ECCO LA VERA STORIA DELLA GROTTA POLIFEMO!

A MILAZZO LA GROTTA POLIFEMO AFFASCINA SEMPRE. Ma nessuno sa come sia nata, perché abbia ricevuto quella denominazione, chi siano i proprietari, neppure una vaga notizia di storia. Insomma: NIENTE.  Solo commenti sui social, domande alle quali sono state date decine di volte risposte, ma che nessuno ha letto; ma pure se le ha lette, non ha capito un tubo, restando nella sua convinzione, quindi la replica: E perché non apre? Siamo in grado di raccontarla noi la storia della Grotta Polifemo, però vi avvertiamo che è satirica (com’è nello stile di TERMINAL) per cui non vi offendete: ricordate che solo chi ha il carbone bagnato si offende. E anche i cretini, ci è stato detto.  

Tutto risale ad Omero, poeta greco che abbiamo studiato negli anni di scuola.

Autore dell’Iliade e dell’Odissea, noi abbiamo preferito il secondo, Ulisse, con il mitico re di Itaca entrato nella memoria più del pelide Achille, il quale fece una cattiva fine, colpito da una freccia al tallone da Paride che ebbe culo a fare centro.

Paride nella sua vita aveva fatto solo danni: intanto fece cornuto Menelao poiché si trombò la moglie, Elena. Non contento di averla scopata, se la portò a Troia (trasferimento che le valse l’appellativo omonimo e fa attribuire a tutte quelle che si comportarono e si continuano a comportare come lei la denominazione di TROIA), fece scatenare una guerra durata dieci anni, con tanti morti, ed infine la distruzione e l’incendio della sua città.

Da questo episodio ebbe origine la fuga di Enea, con padre sulle spalle (ma solo perché non aveva l’ernia) ed il figlioletto. Ad Enea si fa risalire la fondazione di Roma; negli anni successivi, Roma passerà alla storia per una MARCIA. Pensate un po’ le colpe di Paride e di quella zoccola, pardon… Troia della sua amante: se Roma non fosse esistita, non ci sarebbe stato il Parlamento e ci saremmo risparmiati tante elezioni politiche e tanti soldi per mantenere… lasciamo perdere… Ma vi chiedete voi dove l’avrebbero fatta la marcia i fascisti? Su Milano, su Bologna, su Napoli?

Torniamo ad Ulisse. Ulisse era astuto, che significa FURBO. Attenzione a non confondere ASTUTO come il contrario di ADDUMO, che significa un’altra cosa! Ulisse girò il mondo allora conosciuto, e non osò spingersi oltre le colonne d’Ercole, l’attuale stretto di Gibilterra, perché voleva evitare di scoprire l’America, anticipando di qualche millennio Cristoforo Colombo. Avrebbe potuto farlo, perché era protetto dagli dei, anche se aveva fatto incazzare Nettuno (e poi vedrete perché), ma qualcuno gli aveva detto di lasciare perdere, perché con gli Americani avrebbe avuto camurrie. Ci pensò Cristoforo Colombo: da genovese, voleva risparmiare e cercare la strada più breve.

Non trovò gli indiani, ma dei poveracci che chiamò lo stesso INDIANI (che non sono quelli che vengono da noi per fare  badanti) ai quali diede perline e vetri in cambio di oro, argento, patate, tabacco e pomodori.

A Genova non trovò nessuno a dargli le navi, proprio perché lì sono tirchi, e allora si recò in Spagna, dove la regina era generosa. A lei, al ritorno, consegnò oro, argento, pomodori, patate, tabacco e anche un pappagallo. Il re fu contento, e pure la regina. Non sapendo cosa fare del pappagallo, lo misero sotto il letto, e lì rimase per tanto tempo. Da allora si usa tenere il pappagallo sotto il letto!

Torniamo ad Ulisse e ai giri che aveva fatto prima di tornare in patria per prendere a calci in culo i Proci (con la P) che a casa sua facevano i loro comodi organizzando serate danzanti (da qui il proverbio “Quando Ulisse non c’è i Proci ballano”). Secondo qualcuno, Ulisse venne anche a Milazzo, facendo incazzare Polifemo, al quale bucò l’unico occhio che aveva, perché quello, affamato e fottendosene dei doveri dell’ospitalità, aveva fatto spuntino con i suoi compagni.

Polifemo era un ciclope e abitava vicino al campo sportivo (oggi vicino al campo vive un altro ciclope, e forse è un suo discendente), nella grotta, che allora non era di Ponzio (non Pilato, ma un altro…). Polifemo, accecato, si mise ad urlare per il dolore, facendo affacciare gli altri ciclopi che abitavano al piano di sopra, dove ora c’è il castello. A costoro disse che era stato Nessuno, e quelli se ne tornarono indietro imprecando: “Ogni volta che si ’mbriàca dice minchiate…”.

Sappiamo di sicuro che Polifemo prese un masso (per questo il castello è pericolante) e lo tirò verso il mare. Oggi a mare non c’è traccia: il masso forse giunse nel campo, e meno male che non c’era la partita, perché sennò il campo del Milazzo sarebbe stato squalificato a vita, altro che Papponetti. Già ora è combinato male, ci mancava pure il masso!

Dopo questa storia, nessuno andò a vivere nella Grotta.

Polifemo rimase cieco, e di lui nessuno seppe più nulla. Come degli eredi ai quali lasciò la Grotta, perché non vedendo, non poteva scrivere e sicuramente i passaggi di proprietà avvennero per via orale, come le pillole! Oggi qualcuno dice che l’ultimo passaggio della Grotta ebbe il sapore di una supposta… pare infatti che sia stata messa in quel posto!

Qualche secolo dopo nella grotta si continuò a mangiare, ma non più Polifemo: furono piuttosto gli invitati ai matrimoni, anche se nessuno seppe mai quanti fossero realmente. Era infatti consuetudine, a quei tempi, presentarsi ai matrimoni anche se non si era invitati, oppure, cosa che emozionava maggiormente, entrare “di sgaggio”. Professionisti dello sgaggio erano Peppino Cicala, Nuccio, Franchitto, Totò of Square, Frank, Iannello. Insomma, mezza Milazzo! Tutti andavano per un ballo, invitando le ragazze da marito dell’epoca, e poiché non era giusto non accettare qualcosa (sennò poi gli sposi si offendevano) si raccomandavano con i fratelli Petit (che non avevano l’albergo) o con Nino Cafeo per avere una fetta di schiumone più sostanziosa. Poi, quando gli sposi passavano per dare i confetti, prendevano una boccata d’aria nei cunicoli: chissà perché!

Si racconta che durante un matrimonio un commensale (forse il padre della sposa) si presentò al tavolo di un gruppo di giovani entrati, al solito, di sgaggio, e chiese chi fossero. Totò of Square rispose: “Noi siamo… canoscenti…” . Proprio cAnoscenti, con la A, e non conoscenti. L’uomo si allontanò, mentre gli intrusi lo accompagnavano con lo sguardo per controllarne le mosse. Quindi raggiunse il tavolo degli sposi, per saperne di più, e avvicinandosi allo sposo, indicò il tavolo incriminato, sempre l’ultimo, vicino all’entrata (o all’uscita). Appena lo sposo si alzò per verificare di persona, il gruppetto guadagnò precipitosamente la discesa, fino al Campo Sportivo. Qualcuno degli invitati, che aveva assistito alla scena, pensò che stessero facendo una corsetta per digerire, qualche altro aggiunse che sarebbero arrivati fino alla ‘Ngonia del Tono, polverizzando il record di Livio Berruti.

Non ci fu il bis di Polifemo (semmai gli avrebbero potuto tirare addosso qualche vassoio di pastine secche) perché, al contrario del ciclope, lo sposo chiuse un occhio! I nostri eroi non videro il loro record omologato, per mancanza di cronometristi, ma in compenso fecero altri matrimoni, sempre a sgaggio, perché per loro fortuna lo sposo non era sempre lo stesso!

Ecco, questa è la vera storia della Grotta Polifemo: non cercatela in nessun altro libro! Esiste solo nel libro DALLA SENA IN POI… Lombardo Editori -Milazzo.

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