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FRANCO BATTIATO, L’ERA DEL CINGHIALE BIANCO

Il 10 settembre del 1979, 45 anni fa, usciva il disco di Battiato “L’era del cinghiale bianco”.

Fu il disco che chiuse la sua prima parte artistica, quella sperimentale costellata da dischi avanguardistici che passarono alla storia della musica di ricerca.

Nel 1979 però si chiudeva una fase e ne iniziava un’altra fatta di musica leggera, con marcate influenze new wave, piena di riferimenti colti.

In piena epoca moderna, ieri come oggi, in cui “l’economia è il nostro destino” come diceva Karl Marx, il disco di Battiato andava invece in direzione opposta.

Già nel titolo si celebrava il “Cinghiale bianco”, animale sacro presso i Celti che in esso vedevano ed indicavano quel sapere spirituale ormai scomparso in epoca attuale.

Un disco che ancora oggi conserva inalterato il suo valore simbolico e la sua portata innovativa.

Oltre alla famosa title track come non menzionare l’omaggio a René Guenon (“Il Re del Mondo) o la messa in guardia dai pericoli new age della pseudo spiritualità moderna in “Magic Shop”?

Come non ricordare le dolci melodie pianistiche della sacrale “Luna indiana” che fanno da contraltare alle sferzanti ritmiche rock di “Strade dell’Est”?

“Pasqua etiope” poi ritornava ad un’atmosfera intimista e rassicurante che anticipava la conclusiva e straordinaria “Stranizza d’amuri”. Una dolce aria romantica in lingua sicula che racconta una storia d’amore siciliana vissuta sullo sfondo della lontana guerra.

Con a bordo Tullio De Piscopo, Alberto Radius e il maestro Giusto Pio iniziava una nuova fase musicale di Battiato.

Una nuova fase a cui ancora oggi guardiamo con ammirazione e gratitudine.

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