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IL POSTO DELLA NOSTALGIA

di E. P. 

Si annunzia la nuova stagione, nelle bombe di una guerra che non si riesce a capire, nelle restrizioni di una pandemia che non si sa se c’era, nella crisi economica che attanaglia le famiglie e nella rivoluzione dei modi di vivere della società contemporanea.

Però è solo il tempo che passa implacabile ed una delle caratteristiche del suo passaggio consiste oggi proprio nel tentativo di cancellare tutto quello che ci è di più intimo e più familiare.

La modernità, figlia del tempo che passa, si impegna nel logorio dell’esistente, ci impone nuove esigenze ma non riuscirà mai a cancellare i ricordi né a stemperare la nostalgia, quel dolore che prende chi ha il desiderio irresistibile di un ritorno da sé.

Sicuramente nuovi censori finiranno poi per stigmatizzare anche questa nostalgia, e così facendo colpiranno soprattutto chi vive lontano dal luogo in cui è nato e si è formato.

Tralasciando perciò la facile retorica di Ulisse, con Calipso, Penelope e il cane Argo, e senza rivalutare filosofi scomodi, la nostalgia dei paesaggi familiari, delle persone amate, dei ricordi che culliamo giornalmente esiste ancora realmente e vive nella nostra mente.

Per definire la nostalgia è necessario possedere una potente memoria personale ma anche una sensibilità particolare corroborata da un’origine lontana, dalla capacità di amare e di meravigliarsi per cose che oggi la nostra epoca purtroppo ha bandito o non possiede più: ad esempio un viale lungo e pieno di rumori, di gente e di magazzini, i lidi dell’estate, l’autostop, i luoghi consueti della festa, un sorriso di madre, la pacca sulle spalle di un padre.

Così, abbarbicato alla nostalgia arriva il Tempo, come un vecchio signore che, nonostante veda il suo palazzotto cadere a pezzi, continua tuttavia a sperare che domani tutto possa andare meglio.

Ma come si può credere che questo nostro tempo, con le guerre ingiustificate, con il codazzo di leggi liberticide, con le mostruosità vantate come benefici, con la barbarie appostata ad ogni angolo di strada stia veramente andando verso il progresso, verso un assurdo senso della Storia?

Questa nostalgia che fa a botte con le bombe quotidiane non è una passione triste, come ci vogliono far credere i Soloni del progressismo solo per poterla poi criminalizzare: potrà essere anche una tristezza distaccata, un’angoscia silenziosa, sicuramente non contiene però nulla di criminale e nemmeno di invalidante, anzi, superato il momento iniziale di sconforto, può rappresentare una forma eccelsa di speranza.

Ma i gendarmi del pensiero corrente sono convinti di poter controllare tutto, anche la nostalgia e ci spingono ad andare avanti verso il futuro senza riflettere, come il branco di lemmings del celebre videogioco che corre verso il vuoto, destinati al suicidio di massa. Così la nostra nostalgia avanza a tutta velocità verso il precipizio quando invece dovrebbe soltanto rallentare ed avanzare più lentamente, per potersi salvare…

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