SINGOLARE BATTAGLIA CONDOTTA DA ORAZIO MILI, CHE HA PERSO IL PADRE PER UN TUMORE AL COLON A SEGUITO DEL SUO LAVORO NELL’INDUSTRIA, E CHE SI BATTE PER IL RICONOSCIMENTO DEL NESSO ESISTENTE TRA TUMORE E ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO. Ecco la lettera che sta inviando a migliaia di persone per chiedere una firma …
“Le persone che si ammalano di tumore al colon hanno avuto in molti casi un contatto con l’amianto a causa del loro lavoro.
In Italia molti ammalati di Tumore al Colon non vengono ancora riconosciuti dall’Inail. Mio padre, Salvatore Mili, lavorava a Gela presso l’impianto Clorosoda ed è morto per un mieloma multiplo ed adenocarcinoma al colon, nel gennaio del 2014, dopo un calvario di cure e sofferenze durato anni. L’impianto era di proprietà ISAF S.p.A., società in liquidazione partecipata al 52 per cento da Syndial S.p.A. (controllata di Eni).
Mio papà ha lottato per anni sia contro la malattia sia contro l’azienda, è stato minacciato per il suo impegno. Molte volte mi è capitato di vederlo triste, ma mai scoraggiato. Mi diceva sempre guarda avanti e fidati prima o poi la Giustizia arriva.
A noi interessa il riconoscimento della malattia professionale da parte dell’Inail più che il risarcimento dell’Eni.
Certo è che i dirigenti non hanno mai chiesto scusa. Ci offende il fatto che ci siano stati risarcimenti per gli autoveicoli e non per le persone.
Com’è possibile che si possa erodere la carrozzeria delle auto e non si possa accertare quella del corpo?
Tanti sono ormai gli studi scientifici su questa neoplasia e amianto, con associazione positiva, anche la Corte di Cassazione si è espressa più volte sul tema in maniera positiva. Molte vedove non hanno riconosciuto un diritto che è la rendita ai superstiti e tanti operai ammalati si vedono negare il riconoscimento della malattia professionale.
Per noi la giustizia arriverà, ma si aggiorni da subito la tabella Inail, per tutte le vittime di questa malattia.”