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IL VANGELO DEL 23.6 ED IL SUO COMMENTO

Dal Vangelo secondo Marco – Mc 4,35-41

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 23 GIUGNO 2024 (Mc. 4,35-41)

Di solito questo brano viene interpretato così: la barca rappresenta la Chiesa formata dai cristiani che, di fronte alle tempeste della vita, si rivolgono con fede a Gesù chiedendo sostegno nelle loro difficoltà. La moderna esegesi del testo, però, ci aiuta a comprendere che il racconto dice molto di più. Innanzitutto l’espressione “venuta la sera” , usata da Marco 5 volte, è un espediente letterario per indicare una situazione di contrarietà e opposizione dei discepoli verso l’universalità del messaggio di Gesù. I discepoli sono disposti a seguirlo come loro leader e Messia d’ Israele, disposti ad accompagnarlo nell’impresa di promozione e riscatto del loro popolo… ma non degli altri. Credono che Gesù sia un leader nazionalista, pertanto non sono disposti ad andare “all’altra riva” come Lui ordina. Andare all’altra riva è un’espressione letteraria per indiare l’apertura ai pagani cioè agli altri popoli. In effetti i discepoli non hanno capito che Gesù è un Messia universale perché, forgiati delle ideologie nazionaliste, intendono impadronirsi dei tesori altrui senza portare i tesori di Dio agli altri. La loro resistenza ad aprirsi al confronto con altri popoli scatena la “tempesta”. Il racconto presenta notevoli analogie con quello di Giona a cui il Signore aveva detto di “andare in terra pagana e predicare la conversione”. Giona però si rifiuta, perché vuole che Dio discrimini e castighi i popoli nemici e non usi con loro la stessa benevolenza (Giona 1-4). La resistenza dei discepoli costringe Gesù all’immobilismo, infatti “dorme” come se fosse morto. Quando si rivolgono a Lui, impauriti, lo chiamano “Maestro”. Anche questo termine, non è un titolo onorifico ma un termine tecnico usato da tutti gli Evangelisti per indicare incomprensione e opposizione. I discepoli si rendono conto che da soli non possono sostenere i pericoli della vita e, di fronte alla loro fragilità, incolpano Gesù di disinteresse. Interpretano il suo sonno come indifferenza, senza rendersi conto che sono stati proprio loro a ridurlo all’inattività. <Non ti importa di noi?> Questa è l’accusa e l’offesa più grave che potessero fargli. Subito Gesù ordina alle forze del male, cioè alle ideologie contrarie a Dio rappresentate dal vento, di scomparire…e ci fu grande bonaccia. Gesù stabilisce l’uguaglianza e la fraternità tra tutti i popoli e fa cessare ogni ostilità. Lo studio etimologico delle parole, ci fa scoprire l’ampia e profonda ricchezza di significato che questo brano del Vangelo vuole insegnarci. Questi concetti, se compresi e messi in pratica, potrebbero far cessare immediatamente ogni ostilità tra le Nazioni.

MARIELLA RAPPAZZO

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