Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,38-44
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 10 NOVEMBRE 2024 (Mc.12,38-44)
In questo brano del Vangelo di Marco, assistiamo a una profonda e grave indignazione di Gesù. Le sue parole hanno toccato interessi di casta così forti, che non ci desta alcuna meraviglia se coloro che si sono sentiti disturbati… l’hanno ucciso. Già in precedenza si era sdegnato con i capi religiosi di Israele e criticato il loro modo d’agire. Ora si rivolge al popolo e l’avverte di stare in guardia davanti a Scribi e Farisei perché sono tossici. Costoro, amano passeggiare in lunghe vesti, e di fronte al popolo povero e straccione, esibiscono abbigliamento lussuoso solo per distinguersi. I capi religiosi amano ricevere i saluti nelle piazze perché desiderano essere ossequiati come persone importanti. Nutrono la propria vanagloria dagli inchini di riverenza che pretendono e alimentano così il loro ego deformato. Costoro amano anche avere i primi seggi nelle Sinagoghe cioè si siedono in bella vista per ergersi e distinguersi dal popolo. Ma non basta, anche nei pranzi e nei momenti di convivialità, amano i posti d’onore. Essere serviti e riveriti per primi alimenta la loro vanità insaziabile. Oggi li chiameremmo narcisisti patologici o più semplicemente, professionisti del potere.
Ma c’è di più. Gesù li accusa di divorare le case delle vedove.
In quel tempo, uomini e donne morivano facilmente: malattie, spada, povertà, soprusi e schiavitù, rendevano la vita molto precaria. Nel linguaggio dei Profeti, il termine “vedove” includeva tutte quelle categorie di persone più disagiate e indifese, senza nessuno che potesse proteggerle. Di fatto il popolo era vessato da due forze negative: da un lato la dominazione romana, dall’altro tasse e prezzi esosi che andavano ad ingrassare il Tesoro del Tempio gestito dai capi del potere. L’accusa di divorare le case delle vedove equivaleva quindi a chiamarli disonesti, ladri, mortiferi. E come se non bastasse, non sanno neppure pregare! Gesù dice che la loro preghiera è una finzione, una recita adatta solo a farsi ammirare. Infatti, il loro Dio non è la forza vitale e amorevole di Colui che dona vita, un dono da condividere coi propri simili, ma è l’interesse e il potere personale. Poteva mai passarla liscia? Seduto nel Tempio di fronte al Tesoro (una sorta di banca primitiva) Gesù osserva la folla che vi mette il proprio obolo che, in teoria, doveva servire per aiutare i poveri; in realtà forniva interessi ai ricchi banchieri. Vede i ricchi che vi gettano le loro monete tintinnanti per sfoggiare generosità e una povera vedova che vi mette solo due monetine, cioè tutto quello che possedeva. Nel cuore di Gesù all’indignazione subentra il pianto perché l’istituzione avrebbe dovuto aiutare i deboli, invece li priva anche del necessario. La donna senza protezione, è vittima e complice inconsapevole di un sistema ingiusto che invece di aiutarla, la depreda. In passato, le parole di Gesù sulla donna, sono state fraintese come un elogio della sua generosità ed è diventata un modello da imitare. Viceversa, qui siamo di fronte ad una delle denunce più alte e forti che potessero mai essere formulate.
MARIELLA RAPPAZZO
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