Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Parola del Signore
COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 8 SETTEMBRE 2024 (Mc.7,31-37)
Abbiamo visto altre volte che il Vangelo non è la cronaca giornalistica della vita di Gesù. Non è il resoconto di una telecamera che registra, ma è la narrazione della verità del suo insegnamento. Quando leggiamo un qualsiasi brano del Vangelo, dobbiamo fare una distinzione importante tra COSA ci vuol dire l’Evangelista da COME ce lo dice. Occorre distinguere il messaggio dal linguaggio usato. Di solito il linguaggio è simbolico, metaforico, teologico. La metafora usa poche parole per esporre grandi verità. In questo brano incontriamo un personaggio anonimo (quindi rappresentativo), che non sente e non parla. Il non ascoltare, la sordità, non è un fatto fisico legato a una malattia del corpo, ma è una mancanza interiore. Riguarda l’incapacità di saper ascoltare il messaggio di Gesù, accoglierlo e diffonderlo con parole e azioni. Chi non ascolta, non può parlare. Nel Vangelo di Luca c’è un brano emblematico che ora riassumo brevemente. Zaccaria è un sacerdote che sta officiando il culto nel Tempio di Gerusalemme. Ecco che la forza della vita (Dio) gli comunica che avrà un figlio (il futuro Giovanni Battista). Ma Zaccaria non ha fiducia e non crede che ciò sia possibile perché lui è anziano e la moglie creduta sterile. Nonostante la sua incredulità, il figlio nasce, e Zaccaria diventa muto. (Lc.1,5-25) Il mutismo, lungi dall’essere un castigo divino, significa che chiunque non si fida della Parola, della forza creativa vitale e amante di Dio, non ha nulla da dire agli altri. Gesù, al personaggio anonimo di Marco, gli stura le orecchie, letteralmente gli apre il cervello, la mente. Gli Scribi e i Farisei si agitano perché sanno che nessuno è più pericoloso di chi apre gli occhi e le orecchie alla gente. Ma Gesù non si limita a questo: gli mette la saliva sulla lingua. Se questo linguaggio ci fa provare sgradevoli sensazioni, il messaggio ci fa provare sicura speranza. La saliva era considerata alito condensato e l’alito era immagine dello Spirito. Quindi Gesù gli apre la mente e gli dona la forza dello Spirito cioè l’energia, la capacità di accogliere ed apprezzare il suo insegnamento. In altre parole Gesù dà l’energia dell’amore che consente di ascoltare e capire il suo messaggio e poi metterlo in pratica. E così si sciolse il nodo alla lingua, e parlava correttamente. Il cristiano usa parole rispettose perché ha ascoltato dal Signore solo parole che promuovono e sostengono e quindi s’impegna a fare altrettanto. Filerebbe tutto liscio… tranne che Gesù comanda ai discepoli di non dire niente a nessuno. Sembra un’incongruenza. Chi ha ascoltato e capito deve parlare e diffondere! Ma Gesù prende tempo. Frena i facili entusiasmi, frena gli annunciatori spavaldi, i comunicatori d’assalto. La parola di Dio va prima interiorizzata, meditata e soprattutto vissuta.
MARIELLA RAPPAZZO
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