PASQUA DI RESURREZIONE 31 MARZO 2024 (Gv. 20,1-9)
Gesù è morto il pomeriggio di venerdì 14 Nisan del 33 d.C. e in serata il suo corpo è stato conservato nella tomba di Giuseppe d’Arimatea. La logica ci dice che coloro che lo amavano sarebbero andati a piangere alla sua tomba il giorno successivo cioè Shabbat (sabato), ma non fu così. La legge religiosa Israelita proibiva qualsiasi attività durante il sabato, anche quella di recarsi alla tomba del proprio caro (Gn. 2,1-3). Se Maria Maddalena non avesse rispettato la legge del riposo sabbatico, avremmo festeggiato la risurrezione di Gesù un giorno prima! Maria Maddalena e tutti gli altri sono ancora condizionati da quella legge che Gesù ha volontariamente trasgredito molte volte e che gli è costata la condanna a morte. Tutti gli autori del Vangelo sono concordi nello stabilire che l’osservanza di una legge umana, spacciata per divina, impedisce di sperimentare la potenza della vita che c’era in Gesù, una vita capace di superare la morte biologica.
Maria Maddalena rappresenta tutta la comunità dei discepoli e si reca alla tomba quando è ancora buio. Questa non è un’indicazione temporale o cronachistica… infatti il buio, le tenebre sono immagine dell’incomprensione della comunità che ancora non ha capito che Gesù, con il suo messaggio fatto di verità, è “Luce del mondo”. Maria intuisce qualcosa… e si rapporta con Pietro però lui e gli altri discepoli sono ancora nel “buio”, infatti si recano alla tomba. Compiono questo inutile viaggio e cercano Gesù nel posto sbagliato.
Non è la vista fisica della tomba vuota la prova della risurrezione di Gesù bensì la vista interiore! Là dove si accoglie il suo messaggio e si mette in pratica, lì si può “vedere” Gesù eternamente vivo. Là dove si mettono in pratica i principi e i valori, che Gesù ha esposto nel discorso del Monte e in tante altre parti del Vangelo, lì si fa esperienza che Gesù è il Vivente per sempre (Cfr. Mt. 5,1-12 e Lc. 24,13-35). Nell’ultima cena Gesù aveva detto: “Fate questo in memoria di me”. Con questa espressione non si riferiva ad un semplice rito. Quel “fate” indica un’azione ben più complessa: significa fare tutto quello che lui ha fatto prima dell’ultima cena! Cioè prendersi cura dei dimenticati, dare valore e dignità ai diseredati, ai deboli, agli ammalati, agli ultimi della società. Fare un rito è facilissimo. Per fare tutto il resto… occorre vedere la realtà che ci circonda con gli stessi occhi di Gesù.
MARIELLA RAPPAZZO
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