IL TEMPESTIVO ALLARME DATO DA UNA PATTUGLIA DEI VIGILI URBANI HA PERMESSO AI RESIDENTI DELLO STABILE DI METTERSI IN SALVO. SUL POSTO I MEZZI DEI VIGILI DEL FUOCO DI MILAZZO E DI MESSINA, E DELLA SQUADRA ANTINCENDIO DELLA RAFFINERIA.
Erano le 21 del 28 dicembre 1991. L’orario per il periodo natalizio era stato prolungato fino alle ore 22, e dalle 20.30 la pattuglia di motociclisti doveva svolgere il proprio servizio a bordo dell’unica autovettura disponibile, affiancando altri due vigili. Come sottufficiale di servizio, piuttosto che rimanere inoperoso al comando ed attendere la fine del turno giornaliero, preferii uscire con il quartetto, per verificare se in città tutto si svolgesse normalmente. Da Vaccarella al Tono, dalla Stazione ferroviaria ad Acqueviole, da San Papino al centro, pochissime macchine in circolazione. Di pedoni, nemmeno l’ombra! L’orario di fine lavoro si avvicinava stancamente; le persone erano tutte in casa, probabilmente attorno ai tavoli per l’ennesimo supplemento di cena natalizia, non ancora sazi di quanto ingurgitato in quelle del 24, 25 e 26 dicembre, o per giocare a tombola o a carte…
Ma mentre in macchina qualcuno brontolava per quel servizio prolungato, e non vedeva che si facesse l’orario per rientrare piuttosto che “girare a vuoto consumando benzina“, stava per accadere qualcosa che avrebbe movimentato la serata dell’intera città: dall’incrocio fra la via S. Giovanni e la via Giorgio Rizzo, ci apparvero subito chiari dei bagliori all’altezza del palazzo che ospita oggi un supermercato.
Si trattava di fiamme che lambivano una tenda.
Pensammo subito al gesto sconsiderato di qualcuno che, lanciando uno dei soliti petardi, ed in anticipo sulla notte di San Silvestro, aveva fatto andare a fuoco la tenda del negozio di abbigliamento TOUCHE, situato al piano terra dello stabile.
Mentre facevo accostare la macchina, pronti a scendere e cercare di spegnere le fiamme, ci accorgemmo che la cosa era ben più grave di quanto sembrasse da lontano: stava andando a fuoco addirittura il negozio, e se non avessimo fatto in tempo a dare l’allarme ci sarebbero state conseguenze ben più gravi e devastanti per l’intero palazzo!
Senza perdere tempo, feci posizionare la vettura di servizio in mezzo alla strada, azionando i lampeggianti e suonando la sirena. Cominciammo a pigiare sui campanelli delle abitazioni, per avvisare i residenti dell’immediato pericolo, avvisammo la centrale per chiedere l’intervento immediato dei Vigili del Fuoco e delle altre forze di Polizia, chiudemmo la via Giorgio Rizzo, bloccammo le altre strade di accesso dirottando le auto. L’intervento tempestivo consentì, in pochissimi minuti, di far giungere sul posto i mezzi di soccorso, mentre i primi condomini cominciarono a scendere dal palazzo portando con loro il necessario. Non esisteva in quegli anni un servizio di protezione civile, per cui fummo costretti a fare tutto da soli, coordinando gli interventi fra noi cinque sulla strada e con il collega rimasto in ufficio, ed avvalendoci (in mancanza di cellulari) della sola radio montata sull’autovettura di servizio e del telefono messo a disposizione dall’emittente locale radio Stereo Italia della vicina via col. Bertè.
Il lavoro dei vigili del fuoco non era comunque facile: il locale era tappezzato di moquette, quindi altamente infiammabile. In più, c’erano centinaia di capi d’abbigliamento, che alimentavano il fuoco! Si cercò una strada alternativa per potere domare le fiamme: una finestra dalla via Manzoni, alle spalle del palazzo, per consentire di accedere all’interno del negozio stesso. Ma si dovette rinunciare: nessun collegamento, nessuna possibilità di intervenire direttamente.
Si rese necessario verificare se all’interno dei singoli appartamenti ci fossero ancora persone. Una rapida conta degli inquilini per fugare ogni dubbio? Sarebbe stata la cosa più semplice, ma sarebbe bastato? No, meglio rientrare nel palazzo, sfidare il fumo che aveva invaso le scale e saliva verso i piani alti.
Ci provammo, non perchè fossimo degli eroi, ma perchè era il nostro lavoro. Un signore, anziano ed in precarie condizioni di salute, era ancora in casa, assieme alla sua famiglia; che non sapeva come fare a portarlo fuori! Ci mettemmo in contatto telefonicamente, dando spiegazioni e consigli: bagnare asciugamani, avvolgerlo e prenderlo in braccio, o quanto meno aiutarlo a scendere le scale, sature di fumo, evitando di servirsi dell’ascensore.
I Vigili del Fuoco, che nel frattempo lottavano strenuamente con l’incendio che non si riusciva a domare, pensarono addirittura di raggiungere la terrazza scavalcando il muro del palazzo adiacente, quindi scendere e portare in salvo lo sventurato. Ma grazie a Dio la famiglia riuscì a mettersi in salvo da sola, facendo tirare un sospiro di sollievo ai soccorritori, sempre più numerosi. Intanto dalla Raffineria era arrivato il mezzo di soccorso antincendio della Nettunia, e da Messina era arrivata un’altra autobotte, e solo così si riuscì ad avere la meglio sulle fiamme, aprendo un varco nella porta d’ingresso del negozio, scardinando le saracinesche incandescenti.
Erano passate parecchie ore. Le strade si erano popolate di centinaia e centinaia di persone, incredule e terrorizzate. Nessuno osava parlare, nessuno si sognava di suggerire cosa fare: muti, spettatori immobili e testimoni di una lotta impari, fra l’uomo e le fiamme; testimoni immobili della paura vissuta da quelle famiglie che erano state strappate alle loro case, dai loro letti, e si abbracciavano pregando in cuor loro che il peggio avesse presto fine.
Fra vigili del fuoco, forze dell’ordine, tecnici dell’ENEL, della Siciliana Gas, dei telefoni, medici, infermieri, c’era stata perfetto sintonia! Tutti sul posto, ognuno a svolgere con meticolosità e precisione i propri compiti; ma non si vedeva l’ora di avere la meglio sull’ultima fiammella. Fino a quando i vigili del fuoco ci comunicarono che le fiamme erano state finalmente domate, e tutti, nessuno escluso, tirammo un sospiro di sollievo.
Dei vigili urbani nessuno aveva premura che arrivasse la fine del servizio e smettere “di girare e consumare benzina”! Le 22 erano passate da un pezzo, ricordo che eravamo nel cuore della notte, ma non importava a nessuno chiedere di recuperare le ore fatte in eccedenza. Al primo posto veniva la sicurezza di quelle decine di famiglie costrette a scendere in strada, a guardare impotenti le fiamme che divoravano il piano terra del palazzo, a temere per quel che avevano lasciato fuggendo… ad essere rassicurate di poter fare rientro nelle rispettive abitazioni.
Dalla radio del comando vigili il collega ci chiese notizie, se ci fossero altri compiti per lui… No, non ce n’eravamo dimenticati, sapevamo che grazie alla sua grande professionalità ed al sangue freddo avrebbe assolto da solo e al di sopra delle attese il suo compito di collegamento e di coordinamento con chi doveva accorrere sul posto. Tirò anche lui un sospiro di sollievo quando gli comunicai che tutto era finito…
Ci attendeva sulla porta quando rientrammo: stringendo i pugni, come per dire “Ce l’abbiamo fatta!”, ci abbracciammo commossi e soddisfatti. Non esisteva, allora, il “batti cinque”, per cui scaricammo la tensione solo con quegli abbracci e quelle pacche sulle spalle. Il tempo di rimettere la macchina in garage, ed eravamo pronti a tornare a casa e concederci un meritato riposo. Quanto avremmo dormito? Non importava… avevamo finito per quel giorno, anche se non pensavamo certo a quella imprevedibile appendice…
Il giorno dopo avremmo raccontato cosa era accaduto quella sera del 28 dicembre 1991. Era l’anniversario del terremoto di Messina, e a Messina da oltre cento anni si vive con il timore che, in quell’infausta ricorrenza, possa accadere qualcosa. Era accaduto a Milazzo, ma era andata bene. Grazie a Dio.
Ci fu conferito dal Comune di Milazzo un encomio solenne per il nostro comportamento, “valso a evitare una tragedia di più vaste proporzioni“… ma noi lo avevamo dimenticato; anzi, non lo abbiamo mai fatto valere, anche se, come dice la delibera di Giunta, la stessa sarebbe stata inserita nel nostro fascicolo personale!
Eravamo in sei. Oltre a me, al tempo brig. SMEDILI, c’erano i vigili urbani AMATO Santo, MAIO Francesco, SAPORITA Stefano, SPINOLA Vincenzo, STAGNO Francesco. Dal mio e dal loro comportamento “si evince l’attaccamento al dovere, lo sprezzo del pericolo e l’alta professionalità…”.
Mi è sembrato giusto raccontare oggi, 16 gennaio 2020, giorno del mio 69° compleanno, una pagina di storia della nostra città, che per puro caso non finì in un dramma. Ho voluto fare io, in questo modo, un regalo ai miei ex colleghi, onesti ed indomiti lavoratori del Comando Vigili Urbani di Milazzo. Mi auguro che siano, oggi per ieri, quasi trent’anni fa, orgogliosi di quel che hanno fatto!
Ma non ho finito: mi auguro che, leggendo questa pagina, anche le amministrazioni di appartenenza di quegli uomini, dalle forze dell’ordine ai vigili del fuoco, dall’ENEL alla Siciliana Gas, e così via, che in quella notte si distinsero per coraggio, abnegazione, attaccamento al lavoro ed al dovere, possano attribuire ai loro dipendenti un analogo riconoscimento…
Sarebbe la cosa più giusta da fare.
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