Da più parti d’Italia viene segnalato che il fantasma dei giorni più bui starebbe prepotentemente tornando alla ribalta e, complice una voluta nebulosità delle disposizioni via via emanate da organi che tutto sono fuorché legislatori, si starebbe arrivando a NEGARE le cure quando il paziente non accetta di sottoporsi a tampone. Ora, il fatto che non esiste alcuna emergenza sanitaria epidemiologica è dimostrato dal fatto stesso che attualmente il personale ospedaliero non è obbligato a fare nessun tampone. Può lavorare e stare a contatto con chicchessia senza doversi sottoporre ad alcun test. Capiremmo se la direzione sanitaria imponesse il tampone anche a tutto il personale ogni santo giorno prima dell’ingresso nel posto di lavoro. Almeno, lo screening sarebbe effettuato senza fare distinzioni tra interni ed esterni: sarebbe una totale follia, ma sarebbe una follia paritaria e se non altro basata su una sorta di elementare, seppur distorta, logica di fondo.
Così, invece, è una assurdità assoluta: la richiesta di tampone al paziente per evitare quel contagio che può essere invece portato all’interno dell’ospedale dall’OSS, dall’infermiere, dal dottore, dal rifornitore delle macchinette per il caffè o chicchessia ci lavori senza essere sottoposto ad alcun controllo.
È dunque evidente che nessun “controllore” di turno si possa trincerare dietro la solita frase “sono le disposizioni della direzione sanitaria” per imporre il tampone, dietro il ricatto (o minaccia) di negare analisi, indagini, cure.
Per quanto appena evidenziato, è bene chiarire da subito che non sarà tollerato alcun atteggiamento dilatorio che faccia appello a vecchie ed irragionevoli ordinanze (che legge non sono); che faccia riferimento a successive circolari (le quali, come tali, valgono solo in relazione al personale interno delle amministrazioni, e nei confronti degli esterni rimangono paragonabili a carta straccia); che si richiami a prassi interne, le quali al massimo possono esplicare la loro efficacia sul personale, ma la cui applicazione sui fruitori della struttura sanitaria sarebbe assolutamente arbitraria.
Il paziente non va in ospedale per divertirsi: ha bisogno di indagini, analisi, cure. È dunque in una condizione di debolezza, ed è opportuno sottolineare che proprio su questo punto va focalizzata e sensibilizzata l’attenzione di ogni dipendente del servizio sanitario. Perché approfittare di detta condizione di debolezza per ESTORCERE il consenso all’effettuazione del tampone NON ci sembra né una buona idea né, tantomeno, una soluzione: i reati eventualmente configurabili nel diniego della prestazione sanitaria richiesta dal paziente che rifiuti il tampone sono vari, numerosi e riccamente configurati dal sistema penale.
Si potrebbe astrattamente ipotizzare il ricorso di estorsione, violenza, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio, minaccia, omissione di soccorso: tutte fattispecie potenzialmente inquadrabili in una molteplicità di condotte dalle mille sfumature e dalle altrettanto numerose, interessanti gradazioni. Ciò in quanto il tampone integra a tutti gli effetti un vero e proprio trattamento sanitario. E, ai sensi della LEGGE vigente, ogni trattamento sanitario prevede un consenso libero ed informato, a meno che non si voglia tradurre in un TSO. Temibile e preciso acronimo che sta, giustappunto, per Trattamento Sanitario Obbligatorio il quale, in quanto tale, può essere disposto solo nei particolari modi e alle altrettanto particolari condizioni previste, come si è detto, dalla Legge.
Tuttavia, esiste una comoda via d’uscita da ogni potenziale situazione di stallo: la richiesta potrà anche essere formulata, rispettando così la prudenza prescritta dalla diligente direzione sanitaria. Ma il relativo rifiuto potrà parimenti essere acquisito agli atti, senza con questo e per questo precludere nessuna delle prestazioni richieste dal paziente. Ciò esclude in radice la possibilità che i dipendenti della struttura sanitaria si siedano dalla parte del torto, e magari siano poi costretti a doversi pagare i servigi di un avvocato, senza peraltro riuscire ad evitare le inevitabili complicazioni derivanti da un’eventuale imputazione in un processo penale nonché i possibili risarcimenti implicati dall’accertamento di responsabilità personale in sede civile. Già. Davvero. Per scongiurare senz’altro tutto questo basta formulare una richiesta, un invito, un suggerimento, proprio come da migliore prudenza. E, nel momento in cui detto invito è declinato, acquisire il rifiuto agli atti e procedere senz’altro a fornire la prestazione di indagine/cura domandata dal paziente. Niente di più semplice, chiaro e lineare. Niente di più conforme al codice deontologico. Niente di più specchiato dal punto di vista etico e professionale. Confidiamo nel fatto che la vostra lungimiranza saprà consigliarvi la giusta scelta.
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