di Giuseppe FALLITI
Distruggere la storia e l’identità di Milazzo ha comportato l’ascesa al potere di piccoli faraoni che son obbligati dagli eventi a lasciare i vergognosi segni del loro passaggio. Falsa loro modestia vuole che i simboli siano stati finora ruderi e arene per giochi circensi ma, adesso, vanagloria chiede incisive e devastanti impronte.
I novelli faraoni non hanno servi obbligati ad esibirsi come gladiatori per avere salva la vita, ma solo servi obbligati a prostituirsi per la pagnotta anche cambiando casacca.
Tolta la giostra, si impone adesso la presenza di qualcosa di maestosamente kitsch che in maniera dispregiativa abbia lo stile di oggetti presumibilmente artistici, ma che in realtà sia di cattivo gusto: la Piramide in Marina Garibaldi!
Conterrà in sé tutto ciò che ha caratterizzato l’ultima era faraonica: i cunicoli come quelli storici offuscati dal parcheggio multipiano del Borgo, l’ardita altezza del muro della vergogna sotto il Castello di Milazzo, le scale mobili che distruggeranno Via Porticella ed il rione di Vaccarella, il deserto provocato dal taglio di tutti gli alberi di Milazzo.
Si dice che i “Popoli del mare” annientarono l’epopea dei faraoni, gente sconosciuta che veniva da fuori (similitudine con il servilismo politico imperante), banda sfollata da carestia e siccità (altra similitudine con riferimento a popolazione locale che si ribella) in cerca di nuove terre da conquistare.
Quando il faraone dice “E’ solo l’inizio…” omette di dire “è l’inizio della fine”!
La pioggia di finanziamenti definibile come “l’età dell’oro” crolla al sopraggiungere di gelosie politiche e fine delle connessioni. Il destino dei faraoni locali è quello determinato dalla strategia della “serpe in seno”, esattamente come l’aspide nascosta nel petto di Cleopatra. Ma la gelosia interna ha ragion d’essere nella visione finalmente limpida delle malefatte del faraone: coloro che si ritengono primi, null’altro sono se non gli schiavi che stanno costruendo la Piramide del faraone in Marina Garibaldi e si ribellano.
E il Nilo? Il sacro fiume è la metafora della quantità di denaro pubblico che esonda fino a distruggere con il limo le zone desertiche non producendo fertilità, perché utilizzato per opere senza senso ed insulse: ultime in ordine di tempo le scale mobili da Vaccarella e Porticella fino al Borgo.
E ci aspettiamo la solita speculazione verbale già ampiamente sperimentata per altre opere… in questo caso faccio notare che la polemica sul traffico al Tono non era null’altro che il “casus belli” per la riproposizione della linea pedonale ferrata delle scale mobili. A questa speculazione si aggiungerà (speriamo di no) quella sui disabili e qualcuno dirà: “dobbiamo portare tutti al Borgo”.
Quando si trattava del parcheggio per i bus sotto le mura del castello la speculazione sui disabili divenne la motivazione principale per giustificare l’opera in zona vincolata fino al momento in cui le pressioni della magistratura non imposero altra strategia difensiva e, cioè, il “muro della vergogna” diventa improvvisamente un muro di contenimento delle instabili mura del Castello (ma quando mai)!
Una cosa è importante adesso: mettersi di profilo, come i disegni egiziani, e camminare radenti alle mura della Piramide per evitare brutte sorprese!
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