di Giuseppe SOTTILE – avvocato
Fino a quando la questione del o della pugile Imane Khelif sarà impostata sul piano ideologico si rimarrà sempre impantanati nella sterile e mai superata divisione tra destra e sinistra, tra conservatori e progressisti e le opposte tifoserie. Non importa neanche se Imane sia effettivamente nata/o donna o uomo (cosa sulla quale sembra esserci un alone di mistero) né se sia transessuale, intersessuale, iperandrogino o altro.
Nel 2023 Imane venne squalificata/o dalla IBA perché l’esame del DNA affermava la natura maschile. Basterebbe, ad esempio, rifare l’esame del DNA.
Il comitato organizzatore delle olimpiadi di Parigi ha ammesso che c’è un “lieve vantaggio” a suo favore ma che “l’integrazione é più importante”.
Ed è proprio questo l’errore secondo me.
Qui l’integrazione non c’entra nulla. Concedere ad un contendente di partire da una posizione di vantaggio è assolutamente antisportivo. É una delle ragioni per cui sono state create le Paralimpiadi. Ossia permettere che atleti con un gap fisico e di prestazione possano competere in condizioni di maggior parità possibile. Ed è lo stesso principio per cui – oltre che per salvaguardare la salute degli atleti – é vietato il doping: chi si dopa normalmente ottiene prestazioni fisiche più elevate e dunque si pone in una posizione di vantaggio rispetto all’atleta che non si dopa.
É corretto che un atleta dopato gareggi con atleti che non fanno uso di sostanze?
Chiaramente no, infatti, se sorpreso, viene squalificato!
É corretto che un atleta normodotato partecipi ad una competizione sportiva insieme ad atleti che evidentemente posseggono una potenzialità fisica ridotta?
Chiaramente no, ed infatti ci sono le paralimpiadi.
Eppure il Comitato organizzatore, che riconosce il “leggero vantaggio” (quanto leggero non è dato sapere) si richiama all’integrazione.
L’integrazione è giusta ma in questo caso non c’entra nulla. Anzi è lo stesso principio dell’integrazione (secondo cui tutti devono essere posti sullo stesso piano ed avere pari opportunità e pari dignità) a venire inficiato in un caso del genere.
É evidente che se si riesce a mettere da parte l’approccio ideologico, e si applicano invece i principi generali dello sport, oltre che le regole di buon senso, la prospettiva cambia, e la discussione diventa più fertile e costruttiva.
Imane ha certamente il diritto di gareggiare ma questo diritto non può essere esercitato in danno di altri atleti che hanno il medesimo diritto di gareggiare in condizioni di parità.
La discussione deve invece portare ad individuare una soluzione affinché anche Imane possa gareggiare in condizioni di parità e non di vantaggio (o di svantaggio) rispetto ad altri atleti.
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