Signorina Caterina.
Rigorosamente il “signorina” precedeva il suo nome, poiché la conoscevamo così. La sua età era indefinita, e non era facile per noi attribuirle gli anni: eravamo ragazzi, e ritenevamo già vecchi i nostri genitori che di anni ne avevano 40 o 50, tantissimi per noi!
Procedeva, con passo sempre uguale, da Vaccarella, dove abitava in via Erta San Domenico, nelle case popolari. Con il suo capo leggermente reclinato, la borsetta sotto il braccio, come se volesse proteggerla da chi avrebbe potuto strapparla e portarle via i segreti che in essa custodiva gelosamente, era riservata e schiva, ma esibiva sempre un sorriso discreto, e sulle sue labbra non mancava quel filo di rossetto che colorava il volto pallido di cipria profumatissima.
Non stava mai al centro del lungomare; avanzava sotto gli alberi, come a volersi riparare dal sole, o accanto al muretto in pietra lavica, fermandosi di tanto in tanto a guardare il mare. Quindi sceglieva uno dei tanti sedili in ferro che la mareggiata ha impietosamente strappato, per sedersi e riposare. Non ne aveva uno stabilito, così come non sapeva quanto sarebbe rimasta, da sola, a guardare lontano, pensando chissà cosa.
Rimaneva lì, come se attendesse qualcuno, che avrebbe dovuto arrivare da un momento all’altro: il suo Gino, materializzato nella sua fantasia, innamorato che le dava sempre l’appuntamento e mai arrivava, come le aveva promesso.
In pochi si fermavano a parlare con lei. Non perché la conoscessero, ma per sentirle raccontare di un amore senza tempo, nei confronti di un innamorato che probabilmente non esisteva neppure, o che era partito un giorno lontano e non era mai ritornato. Eppure lei mostrava delle lettere, che portava sempre con sé in quella borsetta, e che qualcuno aveva scritto, con struggenti parole d’amore e dediche che ci convincevano che Gino esisteva veramente.
Ma poi ci rivolgeva sempre quella domanda alla quale noi ragazzi non eravamo in grado di dare una risposta: quando verrà Gino? Come poterle dire che Gino non sarebbe mai venuto, che era solo frutto della sua fantasia?
Ci rendevamo conto del dramma interiore che quella povera donna viveva ogni istante della giornata; e per darle dei momenti di gioia e di serenità, ogni tanto le dicevamo che Gino era passato poco prima, e ci aveva incaricati di comunicarle che era impegnato, che forse avrebbe ritardato, o che non sarebbe arrivato.
Lei si stringeva nelle spalle, come se volesse giustificare quel suo innamorato, preso anche per quel giorno dal lavoro o da altre preoccupazioni.
E dopo avere scambiato qualche parola con noi, intratteneva delle discussioni che ci meravigliavano: dichiarava di conoscere perfettamente i nostri parenti, che nominava per nome e cognome, a persino per grado di parentela; parlava di sé e della sua famiglia, decantando la bravura della mamma, valente ricamatrice, tirando fuori dalla borsetta una sua foto, che guardava con ammirazione, scattata probabilmente negli anni Venti. Ogni tanto leggeva qualche lettera, emozionandosi ed emozionando noi stessi, incapaci a quel punto di ridere; e per intrattenerci continuava a mostrarci delle vecchie foto in bianco e nero che la ritraevano qualche decennio prima.
Poi, da un giorno all’altro, non abbiamo avuto più notizie… Nè sappiamo a chi chiederle.
Di sicuro è volata in cielo, dove avrà finalmente trovato il suo Gino… per vivere, come nelle favole, “felici e contenti”..
Commenti