di EUGENIO PRETA
Ci hanno rotto l’anima con il green deal, i patti sul clima, le auto elettriche, le pale eoliche, gli eco sistemi ma alla fine la patata è scappata sul settore agricolo europeo, una volta eccellenza – almeno finché non si è deciso di dover accettare tutte le porcherie provenienti da paesi terzi e quarto mondo per aiutare quelle economie deboli.
Il settore agricolo europeo non solo garantisce la sicurezza alimentare, ma anche assorbe 4 volte l’anidride carbonica che emette e tutela il territorio, tacitando ogni elucubrazione di Bruxelles. Eppure le istituzioni europee lo penalizzano pesantemente in nome di una illusoria “salvezza” del clima.
Dopo next generation ora green deal…la Commissione ci ha spiegato anche la sua fede mondialista ma noi abbiamo capito che così non si può andare avanti. E’ avvilente osservare come anche chi professava una visione critica di questa Unione europea si sia appiattito sotto i salamelecchi istituzionali tanto da aver oggi l’impressione di predicare al vento, come il buon signore della Mancha. L’appuntamento per il rinnovo del PE di giugno riveste importanza basilare: si spera che il cittadino europeo abbia sgamato il grande reset in atto e, cambiando le responsabilità ai vertici istituzionali, riesca col suo voto a far invertire la rotta e riformare questa Unione che ha abbandonato il grande mercato, quindi il cittadino e segue Davos obbedendo solo alle ingiunzioni di imprese finanza e capitali
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