Màkari, la recensione della prof.ssa CHILLEMI

MÀKARY 2, Il lusso della giovinezza.

La giovinezza è rappresentata nell’ultimo episodio di Màkari dai giovani del progetto del Sole, il progetto di Teodoro che, come Icaro, è volato in Sicilia e proprio il Sole gli ha sciolto le ali… Ma la Giovinezza, che si fugge tuttavia, può sempre concedersi i sogni, deve sognare, perché senza sogni non si vive.

Un episodio dai colpi di scena in cui i protagonisti sono la vita e la morte, la speranza e la disperazione, le illusioni e le delusioni, gli uni in eterno conflitto con gli altri, ma nessuno dei due vince, sono entrambi l’uno linfa dell’altro … Muore Teodoro e La Manna, il cui DNA è quello del detective, sente subito nell’aria il fiuto del delitto. Il giallo e l’indagine si snodano, vanno in una direzione: l’imprenditore Nicodemo e don Cesare pseudo mafioso… Abbagli in cui anche gli acuti di mente perdono la vista e la giusta via… Saverio sta per perdere anche lui la strada verso Suleima, non trova più la strada della comprensione e rimane “in alto mare” …

Bella quella mano di Suleima che lo salva e lo riporta su…

La giovinezza può concedersi tutto, ma Saverio si sente “un ingombro” senza definizione, non più giovane, né maturo, fragile come un bambino, geloso come un siculo di fronte al padre che ha trovato un’amica per non morire nella solitudine …

Certo che la penna di Gaetano Savatteri è grande nel dipingere questa condizione del quarantenne dei nostri tempi, inseguitore di sogni ma con le ali di cera. Anche Teodoro sembrava avesse realizzato i suoi sogni, ma aveva costruito ali di cera, quella della sua bontà, che si è scontrata con la disperazione di Rocco…

Nonostante i sogni si infrangano, essi risorgono nell’amore, negli affetti come in quelli di Piccionello per la nipote, per Saverio, per i giovani che vincono lo smarrimento e continuano a credere… come l’amore di Saverio e Suleima che si ritrovano perché ritrovano il loro amore … e Saverio salva il suo romanzo grazie a quei giovani la cui energia “nessun impianto idrico può spegnere”…

Come non può piacere questa fiction in mezzo alle pale di fichidindia e alle rocce affrontate con gli infradito da trekking, dove vive il cuore rude ma libero e sincero di don Cesare…!

Come non può intenerirci quel padre sornione e ilare che Tuccio Musumeci interpreta fino a farci piangere quando dice a Saverio “sai chi ti ricu, ora m’inventu chi aiu cchiffari e mi ritiru, picchi sugnu stancu e minni tornu a Palermu”.

Caro Saverio, che cosa non si fa per non morire di solitudine!

Infine una lancia a difesa di questi giovani, dei giovani della nostra era “che non ha pace “…

Bellissima la scena dei giovani che quasi rapiscono la bara sottraendola all’ipocrisia e falsita delle autorità e dei notabili del luogo…

Claudio Gioè è stato un attore? Non lo so … è talmente bravo che credo porti se stesso sulla scena … Gioè denuncia con ironia amara questa Sicilia, io direi quest’Italia che non si libera della piovra della prepotenza, una Sicilia in cui è anacronistico parlare di mafia giacché ormai sono dilaganti i poteri superiori vestiti di legalità inespugnabile, e la Giustizia non riesce a combattere le leggi ormai non più a difesa dell’uomo.

Il regista Michele Soavi, grazie al Testo di Savatteri, risveglia i valori dell’amicizia, del rispetto e del coraggio …nonostante tutto. Davide Centamore, Ester Pantano sia pure giovane e ancora acerba, Antonella Attili sono talmente reali che posso definirli solo grandi… grandi professionisti. Tuccio Musumeci è un’icona della nostra terra, la terra del riso e del pianto di Pirandello, della luce e del buio di Bufalino.

Michele Soavi può iniziare a preparare la sceneggiatura di Màkari 3.

Rita Chillemi