MENTRE LA CITTA’ SI CHIEDE CHI SIA IL PRETE CHE AFFITTAVA LA CASA DI APPUNTAMENTO ALLE PUTTANE (UNICA COSA CHE ATTIRA LA MORBOSA CURIOSITA’ DI CHI VUOLE TENERE LE FETTE DI PROSCIUTTO SUGLI OCCHI), L’EX ASSESSORE NON GRADISCE IL PROGETTO CAMUFFATO DA “SICUREZZA” E SPARA A ZERO… ECCO LA SUA DICHIARAZIONE.
– A mio modesto parere il Porto di Milazzo ha rappresentato la storia e la cultura del popolo Milazzese: basta volgere lo sguardo al passato per capire quanto sia stato determinante ed importante il Porto per la Città. Purtroppo da qualche decennio, con l’avvento delle Autorità Portuali in Italia (Carrozzoni politici) e quindi anche a Milazzo, il Porto ha perso la sua identità. Oggi i benefici per la Città sono uguali a ZERO! Ma non solo: Milazzo rimane asservita ad una Autorità Portuale che deve la sua esistenza grazie al Porto di Milazzo. Adesso, oltre al danno la beffa!! La paventata recinzione tra muri e armature in ferro renderebbe ancora più distante la Città dal suo Porto. Per la sicurezza non è necessario alzare muri! Ci sono mezzi tecnologici all’avanguardia, satellitari, telecamere, ecc. La verità è un’altra: espropriare il porto e fare business creando una città dentro la città! Obbligare tutti i turisti e i pendolari ad entrare dentro un percorso obbligato lasciando fuori gioco le nostre attività! Questa è la cruda verità! Con la complicità della politica si regaleranno all’Autorità Portuale anche i Molini Lo Presti, e si chiude il cerchio! Il Sindaco in campagna elettorale aveva fatto proclami sul nostro Porto dichiarando che la ricchezza di una Città non poteva prescindere dalla sua correlazione e sinergia con il Porto stesso!! Vedremo quali determinazioni assumerà a difesa della Città del Porto e dei Milazzesi!! Altrimenti, addio Milazzo e Milazzesi. Ora più di prima occorre gridare “Giù le mani dal nostro porto!”
La tecnica è vecchissima…..distrarre per fare il peggio, nascondendolo. Da quando è stata buttata in pasto alla comunità la notizia del Molino Lo Presti da dare alla autorità portuale, di chiudere il molo per trasformarlo in base per i ristoranti, direi che il paradosso è diventato il termine di riferimento dell’amministrazione. Inutile nascondersi dietro un dito. Milazzo, dopo la lunga reggenza barcellonese è ritornata schiava, o serva, fate voi, della città di Messina. A noi gli scarti e le porcherie peggiori, alla città dello stretto il meglio, o presunto tale, che l’autorità portuale può scegliersi, come città capo pilota. Certo che essere Arlecchini servitori è nel dna della città. Non ricordo nessun sindaco che avesse avuto il coraggio di alzare la testa e urlare a chi di dovere, che Milazzo aveva una sua idea di sviluppo ecc.ecc; forse qualcuno lo ricordo, ma le meteore non fanno la storia, a meno che non creino danni o cataclismi, e non è questo il caso. Adesso, dopo lo sfacelo della famiglia precedente con parenti o meno, abbiamo una dimostrazione provata di come il populismo e la faciloneria hanno vita breve. Milazzo è ripiombata, semmai ne fosse uscita, nel marasma che la contraddistingue da anni, quasi decenni. Anzi siamo riusciti a peggiorare la situazione precedente. La storia del porto è l’ultima ciliegina avvelenata di una incapacità totale di gestione della cosa pubblica, il che sorprende, soprattutto in virtù della folla oceanica milazzese che il giorno della vittoria alle elezioni, festante, urlava il cambiamento. Ora, certissimo di questo, tanti partigiani ex fascisti (per rendere l’esempio comprensibile), rinnegheranno la loro scelta. Pentirsi e fare mea culpa, dopo una debacle simile, è scientificamente impossibile, soprattutto a Milazzo. Terra gattopardesca, fatta di perenni politicanti e di bandieruole highlander, che son sopravvissute a tutto ed ai partiti vari e che vivranno anche questa volta, malgrado in città tutti conoscano tutti. Ipocrisia allo stato puro. Conseguenza di questo bassissimo gioco elettorale? Il titolo dell’articolo. Mentre si inseguono le domande e le chiacchiere sul prete che affittava alle puttane appartamenti che a questo punto sarebbe lecito domandarsi come siano stati acquisiti (lucrandoci e dando dimostrazione che la chiesa non ha nulla a che vedere con la religione), il comune svende quel poco che è rimasto di nostro. Alla prossima.