UNA TRADIZIONE CHE AFFONDA LE RADICI IN ANNI LONTANI E CHE FA DI MILAZZO UNA CITTA’ LEGATA AL SANTO COME POCHE ALTRE AL MONDO. PURTROPPO I SOCIAL SONO UNA BRUTTA BESTIA, E FORNISCONO A CHI NON CREDE LA POSSIBILITA’ DI PARLARE MALE DEL SANTO DI PAOLA E DEI PARTECIPANTI ALLA PROCESSIONE…
Il 2 aprile, San Francesco di Paola, è un giorno particolarmente sentito nella nostra comunità, dove in tanti si chiamano Francesco, in onore del Santo. E che vengono familiarmente ed affettuosamente chiamati Franco, Ciccio, Ciccina o Ciccino (nomignoli che legano gli innamorati, prima del matrimonio e prima che volino i piatti…). Il nome Francesco è utilizzato anche negli altri paesi: in quelli anglosassoni il corrispettivo è Frank, per i latino americani Paco, dalle prime sillabe di Pater Comunitatis, così come era definito San Francesco (di Assisi, però). In Germania diventa Franz (ma anche a Milazzo abbiamo qualche Franz…), mentre in Francia è François. Non so a cosa corrisponda in India, in Cina, in Bangladesh o nelle Filippine, o nel Marocco o nella Costa d’Avorio. Sicuramente anche lì il nome Francesco ha un suo corrispondente, ma noi siamo fieri di questo Santo, che veneriamo nel Santuario della nostra città. In attesa della festa della prima domenica di maggio, che quest’anno coincide con il 1° maggio, religiosamente ci si prepara con il pio esercizio dei 13 venerdì (la cosiddetta TREDICINA). E la devozione dei Milazzesi è grande.
La processione riserva momenti di intensa commozione, evidente già all’apparire del Santo in uscita dalla Chiesa. Portato a spalla da numerosi fedeli (i cosiddetti ’mbuttatùri, ossia coloro che sollevano la vara), San Francesco di Paola viene accompagnato fra due ali di folla fino alla città vecchia, il Borgo, e fatto sostare davanti al Castello. Quindi la processione continua verso il “bàsciu”, ossia la parte bassa, il centro urbano, così come si chiamava un tempo, quando il cuore di Milazzo era il borgo, posto in alto. Una curiosità che molti non sanno è relativa alla fascia trasversale di colore rosso, così come la indossavano gli Ufficiali spagnoli del ’600, che porta il Santo sopra il saio.
Come se volesse navigare sul mare di folla che lo accompagna, San Francesco arriva anche nel porto, dove lo salutano i suoni delle navi ormeggiate. Quindi si arriva a Vaccarella, dove la devozione è immensa.
Il rientro al Santuario avviene dopo circa sette ore. I “’mbuttaturi” non sentono la fatica dell’ultimo tratto in salita terribile ed insidioso: la devozione per San Francesco è più grande. All’ingresso della chiesa li attende l’ultimo commovente segno di fede: l’ondeggiamento con il quale riportano il Santo nella sua sede originaria. E mentre le campane suonano a festa, sovrastando la banda musicale, gli applausi e le invocazioni dei fedeli, si conclude un rito che ha contagiato decine di migliaia di persone. Anzi no: martedì c’è la processione sul mare, la Berrettella, reliquia del Santo. Solo allora la festa finisce.
Ma non l’amore per San Francesco…
Lo sappia chi ha postato sui social commenti ingenerosi che sfiorano l’ateismo e che offendono la fede di quanti si sono uniti in processione: che precedessero il Santo o lo seguissero, che sgranocchiassero calia “a ddu cotti” o gustassero un gelato; che discutessero tra di loro o degli altri, è un fatto vecchio e scontato. E’ così che costoro manifestano la loro fede, non certo la credulità popolare! Mai scherzare con San Francesco…
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