Non so se avete ascoltato il discorso del ministro della cultura, ma credo che passerà alla storia come uno dei peggiori discorsi di sempre!
Tanto per darvi un’idea, sentite cosa ha detto: «Di fronte a questo cambio di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della Storia, delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare. L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange….»
Vedete, esiste il linguaggio chiaro, semplice, diretto. Esiste il linguaggio complesso e articolato. Esiste il linguaggio poetico.
Il ministro invece è riuscito nella rara impresa di parlare per più di mezz’ora senza dire nulla.
Ha dato letteralmente fiato alla bocca.
Una lingua vaga, nebulosa o al contrario troppo tecnica e altisonante, tanto altisonante da confondere l’ascoltatore, risponde sempre a uno scopo ben preciso. Nascondere il vuoto delle idee.
La lingua crea, informa, comunica, ma l’anti lingua, come aveva ben compreso Calvino, incanta, abbaglia, nasconde, cela.
Nella società del nulla si usano paroloni e tecnicismi per il coprire il nulla.
Qua il problema non sono le idee che possono essere giuste o sbagliate: sono proprio i contenuti che mancano.
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