Anche in Sicilia è stata costituita la I Sez. Sicilia – A.N.E.I. (Ass. Nazionale Ex Internati) con lo scopo di diffondere la Memoria degli internati nei lager nazisti e pertanto di realizzare interventi formativi in tal senso.
E’ l’avvocato Mariella Bottaro, di Torregrotta, a darne notizia e a chiarire le motivazioni, nel corso di un incontro. Mariella Bottaro, che è stata anche alunna del Liceo Impallomeni di Milazzo, va orgogliosa del ruolo che riveste all’interno dell’Associazione.
L’associazione, ci dice, è una sezione territoriale facente capo all’A.N.E.I. costituitasi nell’immediato dopoguerra con il DPR del 12 aprile 1948; è un ente morale della Repubblica Italiana, che raggruppa i reduci dai lager nazisti (anche se non sono tutti viventi per legge di natura), i loro figli, nipoti e quelli che, anche se non parenti, sono sensibilizzati al problema. E’ un ente che conta diverse sedi territoriali: nel Padovano, nel Bresciano, nel Varesotto, nel Trevigiano e poi ad Aosta, Firenze, Foggia, Napoli, Perugia, Rimini, Roma, Torino, Vicenza ed anche a Rossano Calabro. Si tratta – continua l’avv. Bottaro – di una storia realmente accaduta a tanti nostri padri e nonni, e che la I sezione Sicilia – Anei si propone di far conoscere a tutti pure qui in Sicilia: è una storia che ci può essere utile, dalla quale si può apprendere che non siamo i soli a vivere tempi bui, i nostri padri e nonni hanno sofferto molto più di noi, ma hanno trovato dentro di loro la forza ed il coraggio per resistere, questa energia non può essere andata dispersa con il passare del tempo, ed oggi più che mai ci serve per andare avanti.
Ma perchè – le chiediamo – se ne parla adesso, a 75 anni dalla fine della guerra?
“Perché i tanti militari internati, che catturati dopo l’armistizio del ’43 avevano patito le pene dell’inferno internati nei lager nazisti per 20 mesi, che erano sopravvissuti( quelli che erano sopravvissuti!) mangiando scorze di patate e tenendosi i pidocchi, la scabbia, etc. etc. cui non si erano potuti sottrarre , non avevano parlato della loro triste storia, come se si vergognassero di quanto era loro accaduto. A seguito della proclamazione dell’armistizio del ’43 i soldati italiani allora erano divenuti per i tedeschi dei nemici catturati e deportati in numerosi campi di internamento. Dietro questa scelta non c’era soltanto un intento punitivo – che pure c’era perché per i tedeschi gli italiani dopo l’armistizio del ’43 erano diventati traditori – ma c’erano motivazioni politiche ed economiche”.
Ascoltiamo le dichiarazioni dell’avv. Mariella Bottaro e prendiamo appunto di quel che lei stessa dice:
“Dal punto di vista politico bisognava dare un puntello alla Repubblica Sociale fondata da Mussolini a Salò e darle una credibilità interna. La proposta dei tedeschi era stata: O CON NOI O CONTRO DI NOI, il rifiuto espresso dalla maggioranza dei militari catturati di passare a combattere o nelle forze ausiliarie tedesche o nella repubblica Sociale fece la Resistenza. Hitler non poteva dichiarare prigionieri gli italiani, connazionali di quegli italiani che avevano fondato la Repubblica di Salò. Lui doveva creare un nuovo Status per questi militari che non avevano accettato di combattere con loro, e questo era Italienische Militär -Internierten, Internati militari Italiani, IMI, uno status che li aveva sottratti alla tutela della CRI, che secondo la Convenzione di Ginevra del ’29 era riservata solo ai prigionieri: 750.000 uomini e forse più furono deportati, circa 150.00 non sopportando lo stato in cui versavano passarono con la RSI, e di questi rimasti nel campo di internamento 40.000, ma non si conoscono i dati esatti, morirono durante il soggiorno. Dal punto di vista economico, continua la Bottaro, teniamo presente che questi militari costituivano un serbatoio di manodopera per la Germania, dove tanti lavoratori erano stati chiamati a condurre vita militare, e così i militari ridotti allo stato di Imi (non gli ufficiali) furono avviati al lavoro coatto presso le industrie belliche tedesche (cosa che certamente non era prevista dalla Convenzione di Ginevra!). Erano questi gli Schiavi di Hitler. Questo per i militari italiani era stato un momento in cui si erano vista strappare la dignità e così avevano cercato di rimuoverlo, mentendo a loro stessi e ripetendo dentro di loro che non era successo niente e che non ci dovevano pensare più, perché al loro ritorno in patria avevano detto loro: “adesso la guerra è finita, è al futuro che devi pensare”.”
Perché allora nelle zone settentrionali si erano formate le sezioni territoriali dell’ A.N.E.I. ed in Sicilia no?
“Forse perché in quelle zone numerose erano state le rappresaglie naziste nei confronti dei civili, ed i militari reduci di quelle zone furono supportati ed incoraggiati dal risentimento dei civili”.
Ma perché si è costituita solo adesso la I sezione Sicilia – A.n.e.i.?
“Proprio perché solo adesso ho scoperto di essere la figlia di un’ex Imi (nella foto, il signor Natale Bottaro) che ha soggiornato nei lager di Meppen e Dortmund, scoprendo di non essere l’unica a non conoscere questa triste storia”.
E’ stato così che è sorta per la prima volta in Sicilia la I sezione territoriale del’A.N.E.I.
“Ancora siamo pochi, però siamo armati di buona volontà, vogliamo diffondere la Memoria, ricordando i nostri padri non potremo certo annullare ciò che è stato, però potremo fare conoscere questa storia affossata alle generazioni future perché nulla si ripeta. In seno alla neonata sezione sono state ripartite le cariche al Presidente, nomina che mi riempie di orgoglio, al vicepresidente, al segretario tesoriere, al Revisore dei conti. E’ questo il Consiglio insieme ad altri tre Consiglieri, e subito dopo la sua costituzione all’associazione hanno aderito altri soci. Si spera che un giorno in seno alla stessa associazione si possano venire a formare altre delegazioni”.
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