UNA PAGINA DI STORIA CHE TANTI CONOSCONO MA NON E’ STATA MAI SCRITTA SUI LIBRI DI SCUOLA. PERCHE’?
Bronte, centro alle pendici dell’Etna, era un ducato donato in forma perpetua all’ammiraglio inglese Orazio Nelson e ai suoi discendenti da Ferdinando IV nel 1799 per riconoscenza dell’aiuto ricevuto contro i giacobini francesi. Proprio a Bronte, durante il mese di luglio e nei primi di agosto del 1860, si verificarono dimostrazioni pubbliche perché nel brontese fosse rispettata la legge sulle confische dei terreni demaniali promulgata dal “liberatore”. Il consolato inglese, che riteneva minacciati i beni del Nelson, si rivolse insistentemente a Garibaldi, il quale, da Messina, scrisse al governatore di Catania ordinandogli d’inviare a Bronte una forza militare per sopprimere i disordini. L’invio di truppe locali al comando del colonnello Giuseppe Paulet riportò una certa calma, ma non accontentò il console inglese e i proprietari terrieri del paese. Perciò Garibaldi, sollecitato da numerosi telegrammi, fu costretto a inviare il suo braccio destro, Nino Bixio, posto a capo di un contingente di truppe della masnada garibaldesca. Il Bixio, che sino ad allora era solo conosciuto come trafficante di schiavi dall’Africa, giunse a Bronte con la sua truppaglia nella tarda serata del 5 agosto 1860 e occupò militarmente il paese mettendolo in stato di assedio. All’alba del 6 agosto seguente diede il via alla carneficina. La gente che aveva sperato tanto in Garibaldi dovette subire una spietata repressione e proprio dai garibaldeschi fu massacrata.
Dalle prime luci di una mattina afosa d’estate, e così per tre giorni di seguito, l’aspirazione di tante persone trafitte dalle baionette e dai colpi di fucileria di quei mercenari senza scrupoli annegò in un bagno di sangue. Quanti furono i morti? A nessuno venne in mente di contarli, tanto meno conveniva ai garibaldeschi, autori dell’eccidio. Bixio ebbe anche il tempo d’imporre una tassa di guerra di 10 onze l’ora fino alla regolare riorganizzazione del paese. Indi, per dare una parvenza di legalità alla sua azione criminale, istituì un “tribunale speciale di guerra” in nome del re di Sardegna, Vittorio Emanuele II di Savoia. Giorno 8 agosto 1860, per mettere all’opera quel“tribunale”, fece arrestare e comparire davanti a esso cinque poveri disgraziati presi a caso. Il giorno successivo, alle ore 16, a carico delle persone arrestate si celebrò un processo farsa che durò quattro ore in tutto.
Gli imputati furono: l’avv. Nicolò Lombardo, che molto si era prodigato durante la sommossa per placare gli animi, Nunzio Samperi, detto Spiridione, Nunzio Longhitano, detto Longi, Nuccio Spitaleri e infine il“capolavoro” di Bixio, l’imputato eccellente Nunzio Ciraldo, detto Frajunco, lo scemo del paese. Frajunco era chiamato così da fra’ (frate) per il suo carattere mistico e bigotto e dalla parola junco (giunco, pianta che nasce presso i corsi d’acqua e nota per la sua mollezza) perché soggetto debole e psicolabile.
Alle ore 20 fu emessa la sentenza, sempre in nome e per conto del re savoiardo, tutti condannati alla pena di morte da eseguirsi con la fucilazione e con il “2° grado di pubblico esempio” da eseguirsi nel giorno stesso della sentenza. Ai condannati fu negato tutto, anche i conforti religiosi. Puntualmente la fucilazione fu eseguita nel Piano di San Vito a Bronte. Erano le ore 22 di martedì 9 agosto 1860.
Un terribile particolare: durante il processo, e dalla prigione al luogo della fucilazione, Frajunco, il povero idiota, fu il più sereno di tutti e ripeteva in cantilena «la Maronna m’avi a sarvari» (la Madonna mi deve salvare). Sorprendentemente, la scarica di fucileria non lo colpì. Egli allora gettatosi ai piedi di Bixio, gli gridò «la Maronna mi fici’ a grazia, mi la facissi puri vossia» (la Madonna mi ha fatto la grazia, mela faccia pure lei). Ma Bixio, infastidito, come risposta, ordinò seccamente a un tale “sergente” Niutti: «Ammazzate questa canaglia».
Il mattino seguente, il 10 agosto, come nulla fosse successo, l’ex boss della tratta dei negri lasciò Bronte con i suoi uomini e rientrò a Messina, trascinandosi con sé un centinaio di brontesi, fatti prigionieri, che poi furono giudicati e condannati dal “Consiglio di guerra di Messina”. Il Bixio, un autentico criminale di guerra, aveva “normalizzato” il centro etneo. Per riconoscenza, in seguito, le vie di mezz’Italia saranno intitolate al suo nome.
(L’articolo, di Alfonso Cerrati, fu pubblicato su “L’Isola” di Marzo 2005. Ne ripubblichiamo una parte…)
Fa piacere leggere gli articoli di mio padre che ancora girano in rete.
Grazie, con ritardo di 1 anno
Certo che come umani sappiamo essere proprio degli animali….