di Giovanni Albano
Sabato 18 gennaio a Milazzo preso il Salone del Carmine, nell’ambito delle proposte culturali selezionate dalla Associazione TESEO, presieduta dal Dottore Attilio Andriolo, è stato presentato“Non è colpa mia”, ultimo romanzo della scrittrice taorminese, professoressa Cettina Costa. Nell’ambito della presentazione sono state interpretate alcune pagine del romanzo dall’attore milazzese Enzo Cambria.
L’autrice, attraverso le vicende di Marisa, racconta una storia densa, espressa con inclemente realismo descrittivo accurato e critico di una certa realtà sociale. Con calma e meticolosità dipana, narrativamente parlando, le movenze del non-amore, evidenziando le caratteristiche psicologiche dell’uomo violento. L’autrice, tracciando le pagine del breve romanzo, tramite le vicissitudini personali, entra nella vérité sociale in cui si ritrova Marisa, si addentra negli abissi culturali che ingenerano la violenza sulle donne. Racconta il dolore personale di chi, come Marisa, viene ad essere vittima indifesa della prevaricazione maschile, mettendo in luce definizioni pertinenti, per concettualizzare il problema sociale di vessazioni perpetrate contro le donne, intese come violenza non solo sessuale ma anche fisica, psicologica ed economica.
Con la storia di Marisa, l’autrice del romanzo riesce sapientemente a esprimere, attraverso una contestualizzazione antropologica, le vulnerabilità iniziale della vittima. Di fatto nel romanzo, la figura femminile di Marisa, proveniente da una loggia di relazioni culturali, familiari e genitoriali danneggiate, si scontra con l’incomprensione e insensibilità di una frazione di subcultura della tipizzazione culturale, psicologica e sociale prettamente maschista. L’apparente fragilità di Marisa, intesa come custode dei preziosi valori umani, in antitesi con l’arroganza di genere, si avvera già con le prime esperienze avverse nell’ambito familiare, durante l’infanzia e l’adolescenza, vissuti che hanno minato il senso di sicurezza personale. A Marisa appare negato il concetto di protezione nell’ambito della famiglia d’origine e questo aspetto esperienziale primario di negazione della considerazione di caregiver, se non un disconoscimento di protezione primaria, crea un sito psicodinamico che rientra nelle relazioni abusive, spingendo Marisa, in modo inconsapevole, ad attuare legami sentimentali inizialmente sbagliati. Nella fragile forza, intesa come vissuto ontologico, che caratterizza la personalità della nostra protagonista, Marisa non reciterà mai il ruolo della vittima ma di una donna che vuole evolversi, abbandonare il suo minus e divenire farfalla per prendersi i propri spazi perché ama la vita anche nella ineluttabilità tragica della vicenda.
Parlando di dolore. l’autrice descrive con lucidità i percorsi personali e oggettivi del determinismo delle veicolazioni degli eventi in cui viene a trovarsi Marisa fin dalla iniziazione alla durezza della vita, seppur nel conforto della figura della nonna. Cettina Costa eccelle nel descrivere, nell’insieme delle vicende, la realtà cruda della storia che attornia la vita di Marisa, con esposizioni narrate in equilibrio tra la dimensione psicologica, sociale e la realtà di percorso effettuato, fino al dramma ultimo del racconto.
Il finale del romanzo con la morte di Luigi (Luì) chiude il cerchio della narrazione con una sorta di quieta disperazione. Non vi è catarsi né redenzione, solo l’accettazione di un destino predeterminato. Eppure attraverso la storia di Marisa, l’autrice esprime idealmente la concezione che è proprio nella capacità di ricordare, amare e soffrire che risiede la prova definitiva della forza intima della nostra anima.
Non è colpa mia si rivela così non solo come un romanzo di critica culturale nei riguardi di una tranche sociale che resta in una posizione ideologica che si oppone al femminismo, ma anche come una profonda meditazione sulla mortalità, sull’amore e soprattutto, sul significato di distopia del sentimento.
Non è colpa mia, in una lettura che trascende dalle tematiche dell’abuso delle donne, si rivela, anche attraverso l’artifizio della narrazione memorialista, un elaborato appassionante, con un disegno ben delineato dei personaggi, in una storia di compattezza narrativa. La vicenda di Marisa suscita forti emozioni nel lettore, anche per il perfetto inserimento narrativo dei personaggi nel contesto socioculturale di una Sicilia di qualche decennio fa. Un racconto denso dunque questo di Cettina Costa, che dà una visione critica strutturalista, è caratterizzato da una prosa lucida, analitica, quasi clinica, nell’esaminare i sentimenti e le motivazioni dei personaggi. L’autrice riesce a mantenere una dimensione narrativa costante, nonostante la trama sia relativamente lineare, grazie all’intensità dell’analisi psicologica e alla crescente sensazione di inevitabilità della tragedia. Particolarmente efficace la rappresentazione di Tony, personaggio complesso, carnefice ma vittima nello stesso tempo del proprio egocentrico maschilismo dispotico, in contrasto con l’apparente fragilità di Marisa, in verità radicata in una forza ancestrale propria delle grandi donne.
Si parla di fragilità di Marisa poiché scorticata dalla vita ma proprio per questa vulnerabilità penetrante dentro gli angoli dell’interiorità, delle trepidazioni del cuore e degli insaziabili interrogativi della mente, per lo slancio tragico e irrinunciabile verso l’infinito, Marisa appare una donna forte. Attraverso la sua fragilità, si fa custode dei più preziosi valori umani di sensibilità e partecipazione, empatia, comprensione della sofferenza e della gioia, spiritualità e slancio creativo. Marisa da donna riesce a controbattere l’impulso di esibizione della potenza virile e la celebrazione oggettuale del corpo femminile.
In una società, caratterizzata dalla ideologia del potere, la rappresentazione di Marisa deve essere interpretata come essenza ontologica dell’individualità femminile, alla ricerca quindi di una luce ardente di speranza anche nella ineluttabilità della perdita tragica della persona amata.
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