C’era sempre una festa da ballo organizzata per un compleanno, che si teneva a casa di una compagna di classe. Era la garanzia per fare accorrere altre coetanee, che non sempre erano autorizzate a recarsi in casa di un compagno, se era questo ad organizzare. Io il mio 14° compleanno lo riproposi ben tre volte, per l’assenza della materia prima: le ragazze. E per tre volte la casa si riempì di maschi mentre di femmine solo due: venute in coppia con altri ragazzi più grandi che approfittarono dell’occasione per fare un paio di balli ed allontanarsi prima del tempo… La festa in casa era il momento giusto per conoscere una ragazza, per poterle strappare un ballo, per darle l’appuntamento al giorno dopo, davanti alla scuola. Era difficile, in quegli anni; e la colpa è di una mentalità troppo arcaica dei nostri genitori, usciti dalla guerra e ancora non propensi ad accettare il cambiamento in atto nella società degli anni 60, né tanto meno che i figli potessero aspirare a ritagliarsi quella libertà che loro stessi non avevano conosciuto. Accadeva quindi che la festeggiata invitasse a casa sua i compagni e le compagne di classe. Gli inviti venivano estesi anche a quelli di altre classi, o di altre scuole. Per i più giovani, trovare una ragazza ancora senza il corteggiatore era un problema, ma man mano che i mesi passavano, aumentavano le speranze di poterci prendere la nostra rivincita: una volta più grandi, in secondo o in terzo Liceo. La nostra “anzianità” ci consentiva di esercitare quel ruolo che prima ci veniva precluso: eravamo grandi, o almeno sentivamo di esserlo, e ce ne accorgevamo dal modo in cui ci guardavano le ragazze delle classi inferiori, per intenderci quelle di 14 o 15 anni. Proprio nei loro confronti sfoggiavamo tutta la nostra attenzione, senza preoccuparci di nascondere simpatie o interessi che potessero autorizzarci a sentirci … fidanzati!
Le feste in casa erano la migliore occasione, anche quando ad organizzarle erano le nostre coetanee. Era assodato che noi partecipassimo a quelle “convocazioni” annuali solo per onore di firma, per svuotare le dispense delle festeggiate, per nasconderci dietro le tende del salone e fare sparire i vassoi con i pasticcini, o divorare invisibili fette di torta della quale cercavamo sempre la seconda o la terza fetta, più sostanziosa, soffermandoci sulla squisitezza della crema o del cioccolato per ingraziarci la padrona di casa che l’aveva preparata, ma il vero motivo era quello di soddisfare la nostra voglia di ingozzarci (e dopo avere regalato il solito buono disco di Alacqua o di Perez, non potevamo rimanere a digiuno…). L’invito in altre feste in cui il festeggiato o la festeggiata aveva meno anni di noi ci consentiva di uscire allo scoperto e di prenderci quella rivincita attesa per anni. Ed ecco che, dall’alto della nostra maturità che ancora la scuola non ci aveva riconosciuto, davamo a chi aveva il compito di cambiare i dischi di mettere sempre brani lenti. Il lento ci offriva la possibilità di ballare, o comunque di strappare un ballo a chi attendeva di essere invitata… E una volta in mezzo alla stanza svuotata dai mobili, si parlava del più e del meno per fare amicizia. Accadeva spesso che il disco si avviava verso la fine, e lui non se ne accorgeva. Rimanevano per interminabili secondi in attesa del disco successivo, con lui che fremeva e non vedeva l’ora e faceva segno al poveretto di turno, incaricato di mettere il prossimo sui vecchi giradischi; e lei che non riusciva a divincolarsi dalla morsa del cavaliere, che le cingeva la vita con il braccio destro, mentre sentiva che la mano sinistra sudava e avrebbe voluto lasciare quella del ragazzo, che aspettava ancora. E finalmente il disco partiva, facendo sussultare il proprietario dello stesso poiché il braccio del giradischi era caduto pesantemente scavando il primo di innumerevoli solchi che, nel corso degli anni, avrebbero restituito agli amanti dell’Hi Fi quel fruscio che non è frutto dell’usura, ma dell’incompetenza dell’improvvisato dj! Il ghiaccio era rotto, o almeno così sperava LUI. Ma spesso a rompersi era proprio il disco!
Arrivava allora il momento in cui il cretino di turno proponeva il gioco della spazzola. E si presentava proprio dall’innamorato cotto dandogli la spazzola quando lui stava per avvicinarla ancora di più… mentre il braccio sinistro stava lasciando la mano e cingere il fianco, assieme al destro, per non lasciarle via di scampo. Quel tocco sulla spalla, con la spazzola, lo risvegliava… il tempo di mandare al diavolo l’imbecille che aveva osato interrompere quel sogno che stava per diventare realtà… Lei si staccava, forse a malincuore, e stringendo le spalle si metteva a ballare con un altro… Ma a costui, immediatamente, veniva riconsegnata la spazzola, con lo sguardo serio che gli faceva capire di girare al largo! Riconquistata la dama, entrambi si mettevano a ridere. Poi lei pronunciava la frase: “Che caldo qui dentro! Andiamo fuori a prendere un po’ d’aria?”. Ma certo!!!
Dopo una serie di lenti, che loro non avevano ascoltato perché immersi nelle loro discussioni che avrebbero portato lontano, la musica cambiava, e anche chi non faceva coppia aveva la possibilità di ballare, in gruppo! Poi, il successo dell’anno, con Giuliano e i Notturni che intonavano il loro Ballo di Simone. Qualcuno usciva a chiamare chi si era appartato, con la scusa del caldo o per prendere un po’ d’aria. “Venite dentro, ballate… c’è il Ballo di Simone!”. Lui, facendole gli occhi di triglia, si lasciava andare ad una battuta: “Simone? E chi è? Lo conosci tu a questo Simone?” Ma lei lo portava dentro, nella stanza, nella quale tutti si dimenavano con le mani in alto: “Si, dai, balliamo, muoviamoci un po’…”… E così riapparivano. Era lei, più piccola di lui, quella ritenuta ingenua, che doveva mostrare a tutti la sua preda!