Ieri, 21 marzo, ricorreva il 42° anniversario della scomparsa di un galantuomo, il prof. Pietro Pitrone. Era nato a San Giovanni di Galermo (CT) il ottobre 1918. Il padre Giuseppe, maresciallo maggiore dell’Arma, pluridecorato, era infatti al comando di quella caserma. Ma fu San Pier Niceto il luogo di residenza effettiva, fino al 1951. Poi, lo attendeva Milazzo, dove abitava in via XX Settembre e dove sarebbero cresciuti i suoi figli, nostri compagni di scuola e aici da sempre.
Si laureò con il massimo dei voti e la lode in Medicina e Chirurgia all’Università di Messina, specializzandosi poi in Ostetricia e Ginecologia presso la prestigiosa clinica “Mangiagalli” di Milano, sempre con il più alto punteggio. Ritornato in Sicilia, iniziò la carriera presso il vecchio ospedale di Milazzo, in contrada Vaccarella. Ben presto divenne primario, realizzando una scuola di altissimo livello che, per lunghi anni, si distinse prima nel comprensorio, poi nella provincia, infine nella Nazione. La reputazione di chirurgo eccelso, le pubblicazioni scientifiche, le innovative tecniche operatorie e, soprattutto, la fama di uomo amorevole e di professionista dedito del tutto alla sua missione, gli fecero giungere offerte di primariato da numerosi ospedali e cliniche d’Europa e di Paesi arabi. Legato, però, alla Sicilia, a Milazzo e a San Pier Niceto, rifiutò sempre, sacrificandosi notevolmente dal punto di vista economico. Ma non fu mai venale.
Divenuto direttore dell’Ospedale, si adoperò per consolidarne l’efficienza, riuscendo con il massimo successo. Soprattutto nel suo reparto, partorienti e donne affette da gravi patologie giungevano a Milazzo dalle più lontane regioni italiane ed estere.
Fin da giovane si occupò di politica, prima dirigente del Partito Liberale, poi di quello Repubblicano. Sincero democratico, tollerante e comprensivo, si fece strada anche in questo settore ricoprendo numerosi incarichi: consigliere comunale a San Pier Niceto, consigliere e assessore a Milazzo. Non consentì mai, però, alla politica di interferire o minimamente intralciare la missione di medico. Nemmeno quando, nel giugno del 1976, fu eletto, con voto plebiscitario, Senatore della Repubblica. Dedicava, infatti, le pause dell’attività parlamentare all’assistenza dei sofferenti. A Palazzo Madama, si distinse a tal punto da giungere ad un passo dalla nomina a ministro. Dopo meno di due anni dalla trionfale elezione, però, un male incurabile lo strappò per sempre all’amore dei suoi familiari e alla Medicina. Di lui è indicativo raccontare un solo, significativo aneddoto. Durante un’intervista al Corriere della Sera, in pieno periodo di contestazione studentesca, il giornalista, tra l’altro, gli chiese: “Senatore, per qual motivo lei non è mai oggetto di critica da parte dei giovani?” . “Presumo che, avendo contribuito a farne nascere diverse migliaia, mi considerino come un secondo padre. In realtà, li capisco bene e li apprezzo. I giovani hanno il dovere di contestare ciò che merita di essere contestato”.