Da Notre-Dame de Paris ai grandi palcoscenici internazionali
La nostra intervista esclusiva prima di uno dei suoi … voli per i continenti!
Uno dei meriti maggiori di Riccardo Cocciante è stato quello di avere scritto, assieme a Plamondon, un’opera, Notre-Dame de Paris, per il puro piacere di scrivere musica. Il debutto teatrale ha aperto scenari inimmaginabili a quanti erano stati scritturati in veste di cantanti: Giò Di Tonno e Lola Ponce ne sono una prova. Tutti interpreti non di quelle semplici canzonette cui faceva riferimento Bennato, ma di brani eccezionali che mai prima di allora avevano acquistato un fascino indescrivibile, persino a decenni di distanza dalla primitiva composizione, ed avevano coinvolto emotivamente il pubblico di tutto il mondo, proprio grazie alla magistrale interpretazione di ragazzi forse rimasti troppo a lungo sconosciuti a vantaggio di altri riusciti ad emergere per avere avuto una dose maggiore di fortuna con cui hanno colmato evidenti handicap canori! Ho ascoltato uno degli interpreti di Notre-Dame de Paris, Gringoire, il poeta che canta Il tempo delle cattedrali. Uno fra i sei che si sono succeduti nel corso delle varie rappresentazioni. Il suo nome di battesimo è Roberto, ed è un ragazzo come tanti altri. Il cognome è Sinagoga. Non lo cambierà mai, e ne va fiero, perché in lui è sempre vivo il ricordo del padre che, assistendo ad una sua meravigliosa esibizione, lo ha abbracciato orgoglioso ricordandogli che proprio quel cognome avrebbe dovuto tenere alto, nella sua carriera che si apriva dopo una lunga gavetta. Roberto aveva esordito nel lontano dicembre 2004 alla prima romana dell’opera, ma la musica ce l’ha nel sangue, così come tutti i componenti della sua famiglia, al punto che ogni anno, a Natale, la sua casa di Cassino sembra un palcoscenico musicale, nel quale tutti si esibiscono e fanno a gara. Ricordate la balalaika di Yuri Zivago nel celebre film? Era l’unica cosa che al piccolo Yuri ricordava la madre. Conservò quello strumento con amore, e con amore coltivò la passione per il suono; e il fratello, il grande Alec Guinness nel ruolo del generale del PCUS, riconobbe proprio grazie all’amore per la balalaika la nipote, figlia mai conosciuta che il dottor Zivago ebbe da Lara… Un doveroso esempio per far capire che la musica, il canto, l’arte, l’amore sono nel nostro DNA, e non puoi nasconderli. Roberto Sinagoga è nato a Cassino, a piedi del colle ove sorge la più celebre abbazia, nel 1976, il 18 gennaio. E’ nato venticinque anni e due giorni dopo di me, anche lui capricorno, ma non importa tanto il segno zodiacale: forse serve a definire un carattere volitivo e caparbio, comune a tutti e due. Un incontro casuale il nostro, avvenuto grazie alla sua presenza sul palcoscenico della nave da crociera Costa Favolosa per una semplice esibizione. A molti dei passeggeri sembrava uno dei soliti cantanti, sicuramente validissimi, che avrebbe offerto un’ora o poco più di canzoni, prima del turno della cena o dopo la cena stessa. Comodamente seduti, ascoltando qualche brano canoro, meglio in teatro che ai tavoli davanti ad un bicchiere di analcolico e con le solite note dei gruppi musicali che si alternano nei saloni della nave, in crociera… Entra in scena interpretando il suo pezzo più noto, Le Temps des cathédrales. E’ un’ovazione! Su una nave da crociera lo spettacolo serale è quanto di più applaudito ci possa essere, e il teatro per l’occasione è pieno in ogni ordine di posti! Ma qui, fin dall’inizio della sua esibizione, si avverte la fierezza di essere tutti Italiani, anche se non c’è quello sventolare di tricolori che ci accomuna purtroppo solo in occasione di una vittoria ai mondiali di calcio! I brani si susseguono, tutti applauditi; il repertorio è vastissimo: classici della canzone italiana e motivi stranieri vengono interpretati con una tonalità che, qualche volta, fa temere che il nostro eroe non ce la possa fare! Note che si alzano acute e si perdono nell’aria, ma vengono immediatamente catturate da quegli uomini che la nave porta sicura sul mare da un porto all’altro, con la loro voglia di divertirsi, di dimenticare per una settimana il mondo lasciato a casa, ma felici di impadronirsi delle fortissime emozioni che Roberto sta regalando! Uomini che ascoltano estasiati motivi come PERDERE L’AMORE, azzardando anche un paragone con un grande della musica leggera nostrana, quel Massimo Ranieri che esce impietosamente battuto nel confronto; o STAND BY ME, che fa rivivere il soul di Ben E. King, uno dei grandi della musica americana, quella che lo stesso Roberto coltiva da undici anni, nei suoi corsi di perfezionamento proprio negli States; o UN ANO DE AMOR, versione spagnola del celebre motivo portato al successo da Mina nel lontano 1965, quindi un decennio prima che Roberto nascesse, scritta da Nino Ferrer con il titolo C’EST IRREPARABLE. Decido di intervistare Roberto proprio mentre dedica alla sua ed a tutte le mamme ed alle nonne il classico della canzone italiana, MAMMA. Spiega commosso che si tratta di un motivo nato perché era troppo forte l’amore di chi, dopo la prima Guerra Mondiale, tornava a casa, al tetto natio! Un giovane, un soldato, un figlio, felice di tornare e trovare la mamma dalla quale si era separato per lunghissimo tempo: certamente la migliore vittoria per un ragazzo che avrebbe dovuto difendere “i sacri confini della Patria!” e sopravvissuto alla carneficina ed all’orrore decisi dagli uomini. Roberto non è uno dei “soliti” cantanti, e si rafforza il mio desiderio di intervistarlo. Già, ma dove?… e quando? A bordo, ovviamente, fissando un appuntamento. Tramite il fonico, alla fine del suo concerto! Una rapida telefonata in camerino, un altrettanto rapido dirottamento alla reception, un’ulteriore telefonata e un successivo appuntamento al giorno dopo. Dove e a che ora non si sa… Pensavo già di aver perso le speranze quando, proprio il giorno dopo, lo incrocio per caso in uno dei lunghi corridoi. Lo riconosco, lo blocco e gli ricordo che tramite il fonico avevo prenotato un’intervista per TERMINAL, un giornale che esalto come se fosse il TIME. E’ subito disponibile, guadagniamo uno dei saloni della nave, ci sediamo e partono le presentazioni. Ma l’intervista vera e propria parte con una telefonata … a Don Backy, sul quale si era spostata la discussione iniziale, proprio perché è un amico in comune. Non come quelli che vantiamo su facebook, spesso per fare crescere il numero e che non abbiamo mai conosciuto. Conosce Aldo, di lui ha interpretato CANZONE negli USA, e da lui attende un altro brano, da cantare all’estero: compongo il numero, parlo, glielo passo, e lo stesso Don Backy mi “raccomanda” ad un Roberto Sinagoga forse meravigliato dei miei metodi spiccioli che puntano al concreto! Parliamo di tutto con lui, il quale insiste per offrimi qualcosa; ma io non ho preso mai un caffè, e la cosa che mi premeva maggiormente in quei momenti era intervistare un personaggio che il mondo conosce e noi ancora no! Parla della sua passione per la musica che nasce da bambino, non dimentica la nonna che gli cantava i brani della sua generazione, presentandogli un mondo fatto di belle canzoni e di motivi immortali, richiama lo studio rigoroso del Bel Canto all’Accademia S. Cecilia di Roma, l’attività concertistica, che lo ha portato a cantare anche nei più prestigiosi locali di New York City, Miami, Chicago, New Orleans, Boston, San Francisco e Los Angeles. Roberto dall’età di 16 anni cerca la sua crescita professionale e il confronto, viaggia in tutto il mondo (Domani sarò a Funchal, mi dice. A Madeira, rispondo. Sì, Madeira, in mezzo all’oceano, per un concerto. Sì, ci sono stato, replico, per sentirmi anch’io esperto di… geografia!). Non è la sua una semplice tappa: nell’ultimo anno ha fatto ben 172 scali, in tutti i paesi del mondo, un ambasciatore della musica internazionale, e vive in Francia, tanto per non perdere l’abitudine di viaggiare. Mi riallaccio all’ultimo brano cantato la sera precedente: una canzone tradotta in 27 lingue, che la nonna gli cantava. Riaffiora forte l’amore per la famiglia, quando nomina la nonna, la mamma, il papà scomparso in giovane età per un male incurabile (Una lotta impari e da quel momento, ogni anno, il 5 per mille lo devolvo all’Associazione per la Ricerca sul Cancro…). Un legame che caratterizza questo ragazzo semplice che ha un talento invidiabile ed una forza di volontà inimmaginabile! La canzone è di Jimmy Fontana, e sua nonna era rimasta estasiata dall’interpretazione sanremese di Josè Feliciano: il tema dell’emigrazione le aveva fatto entrare nel cuore quelle parole di speranza accompagnate dalla voce triste e dal suono della chitarra dell’artista. Pensava ad un parente anche lui lontano, la sua nonna, ed era solita canticchiarla anche al piccolo Roberto, nato cinque anni dopo quel Festival… Roberto l’ha cantata anche la sera precedente perché la sua è una promessa. Lui deve tanto alla nonna, alla mamma, a tutti i suoi cari! E’ il modo migliore per sentirli vicini, sapere che anche loro lo ascoltano e gli trasmettono la loro vicinanza, il loro amore. Le immagini che hanno accompagnato la sua interpretazione, l’esultanza degli immigrati al loro arrivo dopo un viaggio estenuante, alla vista della Statua della Libertà, quel grido liberatorio dopo una lunga traversata sono immagini che ci riportano alla mente altre traversate, molte delle quali drammatiche. La storia degli uomini si ripresenta, la canzone è straordinariamente attuale, la speranza dei nostri antenati, quel ritornello che si ripete con insistenza, quella domanda alla quale è difficile dare una risposta, quel “So far tutto o forse niente” che è la convinzione che si deve cominciare dal nulla sono un crescendo di emozioni che penetrano nell’anima e non ti lasciano il tempo di respirare. Ama tantissimo quella canzone, Roberto Sinagoga, e quelle riprese che scorrono sul grande schermo, scelte da lui così come lui stesso sceglie le luci, le scene, grazie al suo ruolo di direttore creativo, ci fanno scoprire che, dopo oltre quarant’anni, il significato delle parole e della musica non sono quelle che troppo spesso abbiamo dato all’interpretazione di una canzonetta cantata dai Ricchi e Poveri. Ed io lo avevo già scoperto, gli dico, nel 2008, durante un mio incontro con Jimmy Fontana proprio nella mia Milazzo… E’ molto sensibile questo ragazzo al quale avevo dato non più di 25 anni di età: è proprio vero che gli anni passano non solo per noi che ne abbiamo qualcuno in più… E la sua sensibilità va di pari passi con la sua generosità: ha cantato anche all’Auditorium Conciliazione, in Vaticano, per decenni sede permanente delle prestigiose stagioni concertistiche del Santa Cecilia, e proprio durante quel concerto ha voluto devolvere l’incasso a favore del Centro Accoglienza Minori di Roma, gestito dai salesiani. “Ai Salesiani devo l’inizio della mia carriera, con loro ho iniziato a salire su un palco…Avevo solo sedici anni”. Non era un traguardo il trionfo di Notre-Dame de Paris, per Roberto: “Due anni e mezzo di repliche e di successi, ma per me solo sono un punto di partenza… Adesso devo raccogliere i frutti, dare tutto me stesso…”. Parliamo ancora, anche il tempo passa e non ce ne siamo accorti! La nave continua a cullarci portandoci verso il prossimo porto dove Roberto sbarcherà per prendere l’ennesimo volo, per tenere l’ennesimo concerto, per assaporare l’ennesimo trionfo! Non voglio trattenerlo a lungo, e penso di congedarmi, facendo la stessa strada e ripercorrendo quel corridoio nel quale lo avevo incontrato. “Se ti proponessimo un concerto, a Milazzo? Chi dovremmo contattare? Hai un manager?”. “Sono io il manager di me stesso, Santino. Scrivi il mio recapito telefonico, la mia e.mail. Chiamami. Per me è un sogno tornare in Sicilia. Ci sono stato, ad Agrigento. Ma non conosco ancora Milazzo…”. Non disperare, Roberto, anche Milazzo vorrebbe tanto conoscerti, e non penso che dovrebbe passare tanto tempo. Anzi, lo leggerai in questa intervista: verrai contattato proprio da un’associazione per un tuo concerto: ecco il mio ringraziamento per la tua disponibilità! Certamente, fra un volo e l’altro, troverai anche il tempo per venire da noi. Non c’è un aeroporto a Milazzo. Ma se arrivi a Catania, c’è sempre qualcuno pronto a prenderti per portarti fin qui. Io, per esempio, conosco la strada: un paio d’ore. Magari in auto canterai qualche canzone. Se vuoi ti farò ascoltare io qualche brano. No, non canterò io, tranquillo! Grazie ancora, Roberto, e non dimenticare quella raccomandazione di papà: orgoglioso di portare quel cognome, Sinagoga, con il quale tutto il mondo ti conosce. Orgogliosi noi di avere un esponente che ci rappresenti nel mondo con la sua splendida voce! Santino Smedili