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SANREMO, VI SPIEGHIAMO PERCHE’ NON HA VINTO GEOLIER

nostro servizio particolare da Sanremo

Nella serata delle cover, ossia nella terza, non poteva non contare il voto della stampa che deteneva insieme agli pseudo esperti, case discografiche e radio la maggioranza del voti (66%). Il voto popolare contava solo il 34%.

Poi i fischi in notturna, ed allora cambiano idea, incominciano a seminare zizzania, col dissenso proprio della stampa giornalaia verso il giovane cantante napoletano che deteneva il monopolio del voto popolare. Ecco innescarsi anche la divisione tra nord e sud, roba facile e veloce da aversi con i social (dopo i Sanremo antirazzismo, gender, fluidi, si è passati all’autonomia regionale, alla secessione).

Per la finale il voto popolare non contava quasi niente!

Ma Amadeus lanciava messaggi tranquillizzanti: “Mi dicono che si stanno avendo problemi per votare. State tranquilli, è tutto regolare”.

Fin dai primissimi minuti, l’attività tramite sms non ha funzionato. In generale, la gente partecipava (si aveva diritto a 5 voti al prezzo di 0,5 euro ciascuno) e non arrivava mai conferma dell’avvenuto voto. Se superava i 5 voti il sistema rispondeva che aveva esaurito le possibilità, ma senza che fosse arrivata conferma di ricezione dei precedenti e soprattutto senza che alla fine ci fosse l’accredito dell’sms. Poi, c’è addirittura chi si è visto accreditare oltre 40 voti.

Con questi problemi gravissimi si è invalidata la partecipazione del pubblico. Per onor di verità il cantante neomelodico Geolier aveva registrato maggioranze bulgare, un 60% (seguitissimo al nord, da un pubblico giovane ormai condizionato dalle scelte delle radio libere su chi e cosa seguire, ma conveniva non dirlo, altrimenti saltava il derby nord-sud) mentre un 16% era andato ad Angelina Mango.

Al di là del gusto personale resta una verità: con un click, su tutto, noi conteremo, nel bene e nel male, sempre meno.

IL COMMENTO DE LA VOCE DELLA SCUOLA: L’annuncio della vittoria del giovanissimo rapper napoletano Emanuele Palumbo, di Secondigliano, in arte Geolier, di soli 23 anni, per la serata delle «cover», in coppia con Gué, Luché e Gigi d’Alessio, ha dato libero sfogo al più volgare e becero sentimento razzista, che serpeggia, eccome, nel nostro Paese, a tutti i livelli. Lo sfogo anti-napoletano si è scatenato non soltanto nella platea dell’Ariston, ma anche nel web, con fischi e urla a scena aperta, e con decine e decine di articoli offensivi e codardi, apparsi nel web (alcuni dei quali hanno pure trovato spazio su testate giornalistiche storiche… del Nord Italia). Geolier, tra i big di Sanremo, in questa edizione 2024, ha portato al Festival la canzone «I p’ me, tu p’ te». Forse, è proprio questa la vera ragione dei fischi della serata delle cover, e cioè il fastidio del pubblico (borghese e nazionale) presente in sala (e comodamente sprofondato nei comodi salotti di casa) nei confronti di un artista che ha scelto di partecipare al Festival con un brano fortemente caratterizzato dall’utilizzo (artistico) del napoletano, in quanto idioma espressivo di un’intera “nazione”. Il dialetto, infatti, da un punto di vista scientifico, qualunque dialetto, non soltanto quello napoletano, o quello bergamasco, qualunque dialetto, da Nord a Sud, non è solo un vettore espressivo, uno strumento della comunicazione, no, esso è anche e sempre (direi, soprattutto) lo strumento per esprimere una visione del mondo e dei rapporti umani. Attraverso il dialetto, infatti, che è la lingua materna di ciascuno noi, viene visto e interpretato il mondo. è con gli occhi del dialetto che noi guardiamo alla nostra vita e ai nostri sentimenti più puri e profondi.

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