Non ci siamo interessati approfonditamente della vicenda SICEM, i cui lavoratori dallo scorso ottobre non percepiscono il salario. Diciamo che abbiamo dedicato solo qualche sporadico post di solidarietà, convinti che la situazione si riuscisse a sbloccare e che quindi la protesta sarebbe rientrata nel giro di pochi giorni. Purtroppo così non è stato, ed allora eccoci qui a scrivere, grazie a qualcuno dei dipendenti che ha deciso di raccontare cosa sta succedendo, il perchè decine e decine di famiglie siano ridotte allo stremo. Sappiamo di suscitare qualche protesta, qualche perplessità, qualche reazione; ma ormai siamo abituati: per amore della verità vorremmo che tutti sapessero, e che se ne parlasse.
Vogliamo partire da lontano: alla base c’è la risoluzione del contratto con la SICEM, dopo decenni, per qualcosa di poco chiaro. Qualcuno – si mormora – ha pagato (nel senso che è stato fatto fuori), ma la vicenda si è ingarbugliata poichè all’allontanamento della storica azienda metalmeccanica non ha fatto seguito l’assorbimento della manodopera in altre aziende locali, così come spesso avviene. Per quale motivo? Solo una parte potrebbe essere assunta, lasciando a casa gli altri, ci viene detto. Ma alla domanda se non sia giusto accettare, tanto per iniziare, ci viene risposto in maniera decisa: “E tu credi che sia conveniente accettare che decine di padri di famiglia siano sbattuti fuori epr errori che non hanno commesso? Una volta fuori non interesseranno più a nessuno!”.
Il ragionamento non fa una grinza, ma occorre trovare una soluzione che possa giustificarlo in mancanza di posti!
“I posti non ci potranno mai essere perchè alla base delle assunzioni c’è una colpa atavica della classe politica! Da decenni, lo sanno tutti, anche nelle periodiche fermate viene preferita manodopera che non è della nostra zona. Si tratta di operai specializzati che vengono da altre realtà e che spesso portano con loro anche i semplici manovali, proprio quelli che le ditte dovrebbero assumere in loco!”.
Quindi sta qui la colpa della classe politica? “Sta qui e sta più in alto. Lo sai che nessuno dei politici tutela il lavoro dei milazzesi? Lo sai che una volta sistemati i soliti – e non mi riferisco alla vicenda SICEM – dei lavoratori che rimangono, e che non hanno nessun santo in paradiso, non interessa più niente a nessuno?”.
Un altro interviene nella discussione: “Non ha insegnato nulla la questione Galileo, eppure anche se stiamo parlando di qualcosa di decine di anni fa, dovrebbe fare riflettere, in primo luogo anche i milazzesi, i nostri stessi concittadini che spesso e in anonimato si lasciano andare a commenti ingenerosi ed offensivi nei nostri confronti!”.
Ma non potete pretendere – aggiungiamo – che vengano licenziati altri lavoratori, anche se non sono del circondario. Non è la migliore soluzione, perchè innescherebbe delle reazioni di difficile soluzione. “Sì, anche questo è vero. Ma se volessimo fare i conti alle aziende che hanno accettato di assumere, va anche sottolineato che la nostra retribuzione, se accettassimo, dovrebbe essere di gran lunga minore a quella che viene corrisposta non soltanto a loro, che percepiscono una indennità di trasferta, ma anche a quella che noi stesso percepivamo in busta paga!”. “E non si parla di pochi euro, ma di centinaia addirittura! – gli fa eco un altro operaio“. Le spiegazioni e le motivazioni si accavallano, e ognuno aggiunge qualcosa che getta benzina sul fuoco e tira in ballo sindacati, politici e vertici aziendali! Ma a che serve riportare le loro dichiarazioni? Meglio evitarle, ma solo perchè la situazione dovrebbe trovare una soluzione, che possa essere accolta da tutti. E’ in ballo il posto di lavoro, non certo la vacanza alla quale gli italiani hanno rinunciato da anni. E loro, questi amici che siamo andati a trovare nel piazzale dove essi stessi si riuniscono a manifestare, di vacanza non amano parlare. Nei loro volti si legge la rabbia, la delusione, ma non si scoraggiano: sanno che prima o poi qualcosa cambierà. “Se non dovessimo avere riscontri positivi, se non dovesse bastare la nostra presenza davanti alla raffineria, allora ci sposteremo in città. Azioni dimostrative davanti alle sedi istituzionali, come è stato fatto in passato… Qualcosa si muoverà…”.
Già, azioni dimostrative come fatto in passato. Siamo stati testimoni e ne abbiamo parlato: eravamo giovani rispetto a chi è oggi in attesa che qualcosa si sblocchi; forse molti di loro non erano nemmeno nati. Eravamo giovani quando un’altra ditta, la Metallurgica, fiore all’occhiello dell’industria milazzese, visse momenti travagliati. Addirittura cambiò anche denominazione (SIDERMIL, acronimo di Siderurgica Milazzo); per essa e per i lavoratori fu stilato un programma di ristrutturazione e di ripresa, fu previsto persino l’ampliamento dell’organico dei dipendenti. Ma non ci fu la ripresa, per cui alla fine i lavoratori si trovarono soli, a fare i conti con una città esausta e sfiduciata, e le organizzazioni sindacali isolate. Nessun tentativo ulteriore aiutò a vincere il pessimismo sostituitosi all’entusiasmo che aveva tenuto in vita la prima realtà dell’industria metalmeccanica del dopoguerra della città di Milazzo, la prima vera alternativa alla Raffineria nel settore dell’industria della città. A dare il colpo di grazia, il ritardato assorbimento del personale nelle progettate Acciaierie del Tirreno, che non decollarono secondo quanto programmato, e che dovettero fare a meno del 50% degli occupati previsti. Non crediamo che i presupposti siano analoghi: è vero però che lo sviluppo industriale del territorio generò sacche di povertà che in genere contrastarono con il facile arricchimento raggiunto in settori ben delineati, lasciando spazio ad una condizione di alternanza occupazionale che vide i lavoratori dell’industria impegnati ad offrire, fuori dai loro turni di lavoro, le loro prestazioni “specializzate” in altri settori. Oltre alla piaga del doppio lavoro (spesso praticato “in nero”), allora fu la crisi energetica ed il protrarsi per anni dei suoi effetti a mettere in pericolo le piccole e medie imprese, costrette a ridurre drasticamente il personale.
Oggi siamo di fronte a situazioni pressochè simili: riduzione di personale, per altri motivi; riassorbimento, a condizioni che il nuovo “padrone” vuole dettare; o lo spettro dell’emigrazione.
“Qualcuno è andato a lavorare fuori – ci viene detto – ma noi siamo di Milazzo e non siamo disposti a fare il gioco di nessuno: se ce ne andiamo, avrebbero l’alibi di assumere personale di altre realtà… e non sottopagate, ma almeno il doppio di quanto percepiamo noi!”.
Non abbiamo finito, amici lettori: ciò che abbiamo scritto ci è stato narrato, forse per rabbia, forse con la consapevolezza che noi di TERMINAL possiamo far conoscere, obiettivamente, cosa sta accadendo, forse per scuotere dall’immobilismo la popolazione e la classe politica. Non è un periodo felice per tutti. Sarebbe bene riflettere!
Commenti
in bocca al lupo a tutti, sicem e non! però cadiamo sempre nello stesso errore: non sappiamo candidarci, non sappiamo votare, non sappiamo cosa sia la politica!!! “ti chiedo il voto per mio cugino…lavora fuori e si deve riavvicinare!!” enzo mollica