Le tragedie che accadono sempre più frequentemente ormai, sono l’indicatore della crisi della nostra società. Recentemente, la ferocia dell’attacco terroristico portato da Hamas ad Israele e le risposte di Netanyahu ci hanno dato la misura del grado di barbarie e di odio a cui siamo arrivati. Finora eravamo convinti che valori e principi condivisi fossero diventati comuni e guidassero la Storia contemporanea.
Nella ricerca di una ripartenza verso il futuro avevamo fatto ripartire la nuova era della nostra democrazia dalla fine della II* guerra mondiale, convinti di essere tutti sulla stessa linea dì pensiero. E’ successo però che il passato delle democrazie è cambiato e la sua data di inizio, fissata per anni al 1945 – data in cui l’Europa aveva cominciato a capire che per un futuro di libertà doveva lottare contro guerre e totalitarismi – si è spostata al Sessantotto, una data che in realtà rappresenta la rivolta contro il passato, contro la tradizione e contro i valori liberali – borghesi che quel passato rappresentava. E di questo mutamento, che non ha più come obiettivo diretto la lotta ai totalitarismi e mette all’oblio la tragedia dell’Olocausto, ne fanno le spese proprio quelle tragedie vissute, perché il Sessantotto gira pagina ed ha come bersaglio la società dei consumi e lotta per poter affermare le nuove facce di una libertà senza limiti.
Il cambio di data è costituito anche dalla fine del cristianesimo come quel dato religioso che ha determinato l’antropologia europea ed il modo di pensare occidentale, insieme alla cancellazione del protestantesimo e alla trasformazione della Chiesa cattolica in una ONG progressista orientata sempre al politicamente corretto, anche a prezzo della sua banalizzazione.
E così Gesù, da ebreo, è diventato palestinese. In una società contemporanea dove oggi siamo tutti atei o agnostici significa che svanisce il legame rappresentato nella nostra cultura col retaggio giudaico-cristiano che, nel bene e nel male, ha rappresentato il riferimento etico del nostro essere.
Abbiamo identificato al ‘68 quello che consideriamo il passato e così ci siamo praticamente disfatti della nostra storia.
La società in cui abitiamo sembra che non sappia più cosa farsene né della storia né della religione, rifiuta il realismo e il pessimismo che quella storia ci avevano insegnato e ormai ritiene che non ci sia più il male e non ci siano più nemici.
Ma, alla luce degli odi esistenti e di quanto accade oggi, si sbaglia.
Eugenio Preta
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