NON LO DICIAMO NOI, LO DICE IL REGOLAMENTO COMUNALE CHE DISCIPLINA LA MATERIA. MA POSSIBILE CHE LE LEGGI DEBBANO ESSERE SEMPRE CALPESTATE DAL PRIMO CHE SI SVEGLIA E DECIDE DI FARE CIO’ CHE GLI PASSA PER LA… ?
Partiamo dalle regole e proprio dal “Regolamento” comunale che disciplina la materia:
“E’ fatto divieto di installare pedane o altre strutture similari compresi gazebo e quant’altro, ancorché mobili, all’esterno di pubblici esercizi in tutte quelle zone ove tale tipo di occupazione risultasse in contrasto con il decoro e l’arredo urbano, o comunque recasse intralcio alla pubblica circolazione veicolare e/o pedonale”.“TITOLO II° – DISCIPLINARE PER LE OCCUPAZIONI DEL SUOLO PUBBLICO DA EFFETTUARSI ALL’ESTERNO DEI PUBBLICI ESERCIZI PER LA SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE”, soffermandoci in particolare sul CAPO I° – -Disposizioni generali – Art. 31 – punto 3 che così recita:
Premesso, soprattutto, il punto 2 dello stesso articolo 2: “Le autorizzazioni […] saranno rilasciate previa acquisizione da parte del Servizio competente, del parere tecnico all’utilizzo della struttura stessa rilasciata dal Servizio/Ufficio Tecnico comunale che provvederà al relativo collaudo statico”.
Prendendo a base questo “vangelo” ci piace fare alcune considerazioni di massima, senza puntare dito accusatore su alcuno, ma con la necessità di voler capire fino a che punto la situazione nel suo insieme sia sotto controllo da parte di chi di dovere. Meraviglia l’improvviso proliferare (dalla sera al mattino successivo) di iniziative di tal genere che sembrano “spuntare” come funghi, tanto per restare in tema di ristorazione. Di gazebo come quello della foto o similari, più o meno coperti, con ombrelloni e/o recintati…, quanti se ne contano a Milazzo? Qui, per quantificare, gioverebbe un’iperbole ma ce ne asteniamo; fatto sta che sono eterogenei, non sempre gradevoli alla vista e sarebbe d’uopo che l’Amministrazione proponesse tipologie più consone ed uniformi all’atto delle autorizzazioni che – specie in taluni casi eclatanti – sembrano elargite assai generosamente. Azzardiamo una casistica di appartenenza per gruppi precisando, intanto, che nella quasi totalità l’ “ancorché mobili” dell’art.31, punto 3 non è assolutamente rispettato, atteso che sono strutturalmente inamovibili, a meno di complessi lavori di smontaggio. Parecchie di queste pedane/strutture sono installate oltre il marciapiedi, cioè sulla carreggiata stradale, con ciò costringendo i pedoni a passare in mezzo ai tavoli con gli avventori intenti alla loro consumazione (cosa assai antipatica !), oppure costretti a by-passare la struttura andando sulla sede stradale (cosa inaccettabile a causa del pericolo che ciò costituisce! ). Alcune sono a “tunnel” cioè munite di tettoia o tendoni e spesso gli spazi di transito per i pedoni sono ridotti al lumicino, senza escludere il fatto che ci si sente a disagio perché si ha l’impressione di passare all’interno della casa altrui. Ma non è così perché gli spazi – ancorché concessi in uso – non possono mai ritenersi di proprietà esclusiva.
In ordine alle ricadute sulla sicurezza, sugli ingombri, sul deturpare o meno angoli di particolare pregio, osserviamo che:
Altre sono ubicate sulla pubblica via in corrispondenza ad incroci (UNO DI QUESTI ADDIRITTURA SULLE STRISCE PEDONALI CHE NON SONO PIÙ PRATICABILI); costituiscono pericolo, intralciano le manovre di svolta; riducono o annullano del tutto la necessaria visibilità proprio in corrispondenza all’incrocio; altre esuberano la superficie autorizzata avendo, posto al di là della stessa, enormi vasi “ornamentali” che – invece dovrebbero essere contenuti all’interno dell’area asservita o essere da subito eliminati stante l’ostacolo che costituiscono; altre ancora, in zone solamente pedonali, coprono l’ampiezza della zona di passeggio ben oltre la mezzeria con fioriere e grandi ombrelloni. Si assiste, inoltre, anche in assenza di gazebo, ad una miriade di situazioni apparentemente estemporanee che si perpetuano giornalmente, sotto forma di sgabelli o sedie ammonticchiate alla rinfusa, anche disordinate, per essere poi posizionate, ad libitum, nelle ore canoniche.
Tant’altro si potrebbe argomentare ma verrebbe immancabilmente travisato – come al solito – l’intento di chi scrive; per scelta, quindi, sono stati evitati riferimenti, logo, ubicazioni e foto che avrebbero potuto personalizzare questa o quell’altra situazione di fatto, poiché l’articolo non vuole essere vessatorio né delatorio, ma mirato esclusivamente alla salvaguardia ambientale, al tanto declamato decoro (ma solo a parole), al rispetto delle regole che – alla fin fine – si traduce nel rispetto dei cittadini.
Una considerazione conclusiva per osservare che in mancanza di linee guida e non sentendo vicina l’Amministrazione, ognuno si lancia ad un fai date sfrenato con i risultati che sono evidenti in ogni angolo della nostra Città, quale che sia l’argomento preso a riferimento e non solo quello di cui ci stiamo occupando.
L’auspicio? C’è sempre spazio, tempo ed intelligenze per provvedere e per arrivare a quel “meglio” di cui siamo capaci…; basta solo rendersene conto e provarci.
Milazzo è piena di questi “allargamenti” di superficie, dove molti milazzesi si ritrovano tutti i giorni a “pampuriarsi” all’ombra mangiando granite, brioche ecc, al solo scopo di esibirsi agli occhi di altri cittadini che sono costretti a subire l’ingombrante presenza di tutto quanto ostruisce la strada .Oltre ad occupare suolo prezioso,stimolano ed incentivano pure il parcheggio selvaggio alla faccia di chi per andare a lavorare è costretto a mangiarsi il fegato a causa degli ingorghi che sono all’ordine del giorno! Mi piacerebbe sapere quanto incassano i comuni da questo malcostume, o se veramente incassano qualcosa,visto che da precedenti verifiche sarebbe risultato che un’altissima percentuale di occupazioni risultano illegali ed abusive.Se l’amministrazione PRETENDESSE l’immediata DEMOLIZIONE di tutti questi manufatti, sanzionando pesantemente quanti pensano di costruire tende beduine ad ogni angolo di strada, forse allora in tanti rinuncerebbero a queste “dilatazioni fuori porta”: Se non hai lo spazio nel tuo locale per ricevere gli avventori, o chiudi, o cambi locale, ma non puoi far pagare alla città lo scempio degli accaparramenti arbitrari del territorio! Diverso è se si è ottenuta la concessione: allora bisogna mandare a casa il concessore, visto che agisce arbitrariamente per colpa od ignoranza e se la legge non ammette ignoranza da parte di un comune cittadino,figuriamoci se può ammetterla da un suo amministratore a qualsiasi titolo.