LO RICORDANO I FAMILIARI, MA ANCHE GLI AMICI, CHE SONO TANTI, NON LO HANNO DIMENTICATO… RIMARRA’ PER SEMPRE SULLE PAGINE DI UN LIBRO CHE NARRA LA NOSTRA ADOLESCENZA IN UNA MILAZZO DI ALTRI TEMPI…
Era il 19 luglio 2013. Sono passati tre anni, ma abbiamo la sensazione che sia seduto sempre lì, sotto quella tettoia dello Scotch Bar, attorno ad un tavolo a parlare del suo Milazzo. E dopo tre anni, basta la foto in un necrologio, fra i sempre più numerosi che si contendono lo spazio sui muri della nostra città, per renderci conto che Giulio, in effetti, non lo abbiamo mai dimenticato. E’ partito, sicuramente per andare in un mondo migliore del nostro, ma non ci pare di aver fatto abbastanza per lui: eppure gli abbiamo dedicato, quel luglio 2013, la prima pagina di TERMINAL SPORT; poi, per convincerci che era ancora con noi, anche ad agosto l’abbiamo salutato dalle pagine di TERMINAL; e quindi nel libro DALLA SENA IN POI… il caro amico Giulio Maisano aveva uno spazio nei miei ricordi. Ecco come viene ricordato Giulio nelle pagine di quel libro: – “Giulio Maisano … non si creava problemi se lo chiamavano con il proprio soprannome, Maccagnano, uno di quei soprannomi storici che a Milazzo permettevano di individuare o identificare le famiglie e intere generazioni! Siamo stati tutti e due alunni del professore Foti: nonostante avesse un paio di anni in più di me, me lo trovai compagno di classe a scuola elementare. Una volta era così: nessuna promozione obbligata, ma anni e anni di bocciature fino a quando il bambino, divenuto ragazzo, decideva che sarebbe stato più giusto andare a cercarsi un lavoro. Uno qualsiasi, come garzone di un bar, di una bottega, di un artigiano, per imparare il mestiere. In quegli anni i bambini, a dieci anni compiuti, venivano anche classificati fra i lavoratori. Ma questo lo seppi solo quando analizzai i dati dei Censimenti, e fino al 1961, prima della scuola dell’obbligo, era un bene per molte famiglie mandare i figli al lavoro per avere più risorse economiche su cui contare. In classe, quando lui prendeva (una volta erano quelli i mezzi di correzione…) colpi di bacchetta nelle gambe scoperte perché portavamo i pantaloni corti, non si preoccupava più di tanto… Fingeva di piangere, di urlare, di provare dolore. Poi ci confidava che la sua era tutta finzione: quando vedeva che il severo maestro lo “puntava”, uscendo dalla cattedra, si “sputava” nelle mani e si inumidiva le cosce, in modo che la bacchetta potesse scivolare. Urlando, accentuava il dolore, fin quando il professore Foti, convinto di averlo bastonato abbastanza, la smetteva. E lui, facendo capolino fra le braccia che nascondevano la testa, abbozzava un sorriso, come per dire: “Non mi ha fatto nulla!”. Altri tempi… Con Giulio ci eravamo ritrovati colleghi di lavoro, nella stessa ditta metalmeccanica. Nella stagione invernale non riuscivamo a vedere il sole di Milazzo: si partiva quando ancora doveva sorgere, per la Calabria, si tornava che era già tramontato. Un rituale durato due anni che sembravano interminabili, ma che ci hanno aiutati a crescere ed a capire quanto grande fosse l’amore per la famiglia che, a casa, attendeva il nostro ritorno dopo una giornata di duro lavoro! Nessuna fatica apparente, perché i sacrifici bisognava farli da giovani. Così la pensavamo allora, tutti, indistintamente! Passando ancora altri anni, ci siamo tenuti in contatto, perché ci legava quella comune appartenenza alla Sena, che nessuno dei ragazzi di allora riuscirà mai a rinnegare! Si discuteva di tutto, anche di cose banali…L’ultima volta che lo vidi mi sollecitò un incontro fra vecchi compagni di scuola: dopo cinquant’anni, disse, perché non riunirci per stare una serata assieme! Dovevo essere io, al solito, a recuperare tutti, a estendere gli inviti, a curare nei dettagli l’evento, proporre anche il locale, fissare la data, e pensare a tutto il resto… Passammo in rassegna l’elenco dei compagni di classe: in fin dei conti, non sarebbe stato difficile recuperarli… Sapevo anche che l’avremmo potuto fare in qualsiasi momento, quindi mi misi a ridere e lo liquidai con “Poi se ne parla…pensi sempre a mangiare!”
Ma non era più lo stesso, Giulio: aveva qualche preoccupazione, per la sua salute. E siccome alla nostra età siamo tutti testardi, la salute la mettiamo sempre in secondo piano, per evitare di pensarci, e quando corriamo ai ripari, forse è troppo tardi! E’ anche vero che, come dicevano i nostri antenati, la nostra vita è un libro…
Giulio è andato via per sempre nel 2013. La sua vita aveva meno pagine rispetto ad altri libri, ma giorno dopo giorno, anno dopo anno, l’ha vissuta con lealtà, con affetto verso i suoi amici, con amore verso la sua famiglia, con onestà nel lavoro, con passione, con serenità! Le pagine non sono state sfogliate distrattamente, come faceva a scuola quando era pronto a ripararsi dai colpi di bacchetta del nostro maestro, ma studiate in maniera perfetta, applicate con costanza, ripetute senza alcun tentennamento! Fino a quando è giunto all’ultima pagina: il saluto ai suoi cari, ai suoi amici, a tutti coloro che lo ricorderanno, come voleva lui, come Giulio Maccagnano!
E chissà se lassù, ritrovando il vecchio maestro, gli dirà: “Professore, a scuola non studiavo, e lei aveva ragione a bastonarmi… eravamo discoli allora, lo sa meglio di noi! Ma il libro della vita, quello non solo l’ho studiato, ma l’ho applicato meglio dei più bravi della classe!”
Come suo fratello Pippo, Giulio ha lasciato la moglie e due figli. E un profondo rimpianto tra tutti quelli che lo conoscevano e gli volevano bene. E sono tantissimi…”.