Non torneranno più quegli anni spensierati. Li abbiamo vissuti come se non volessero passare mai, come se non dovessimo crescere e responsabilizzarci. Come se ad attenderci a casa, rientrando alle ore piccole (una prima trasgressione per il tempo…) ci fossero sempre i nostri genitori, giovani in un ventennio che li aveva fatti improvvisamente grandi, e diventati, per noi ragazzi, vecchi e insopportabili!
Non torneranno più quelle magnifiche giornate estive passate fra le ripetizioni di latino o filosofia e il mare; le vacanze presso i nonni o gli zii; le serate in qualche lido che proponeva i primi complessi o qualche jukebox con tre dischi a cento lire.
Non torneranno più le pizzerie, le feste in casa senza un adeguato numero di ragazze, il giro sui motorini ma come passeggeri, le lunghe pedalate sulle biciclette per coprire distanze impensabili a piedi.
Erano gli anni dei cambiamenti; che significavano contestare, crescersi i capelli, ascoltare i nuovi miti che ci inondavano di canzoni conosciute a memoria anche se erano in inglese, ritenere vecchi e rifiutare cantanti del calibro di Claudio Villa o Nilla Pizzi che di anni ne avevano poco più di 40 mentre oggi, paradossalmente, preferiamo cantanti che di anni ne hanno molti di più!
Non sono stati mai cancellati i ricordi di quegli anni: sì, è vero, adesso siamo grandi, forse abbiamo quasi il doppio degli anni dei nostri genitori che per noi erano vecchi, ma guai a dire che oggi i vecchi siamo noi! Ci atteggiamo a non esserlo per i nostri figli, i nostri nipoti; ma lo riconosciamo sconfortati quando siamo tra di noi a parlare, a ricordare un periodo della nostra adolescenza o della nostra giovinezza, cercando di correre ai ripari asserendo che gli anni sono quelli che noi ci sentiamo dentro!
Era un ragazzo come noi, quel 16 maggio 1971, Gilberto BRUNO, quando un drammatico incidente ad Orzinuovi, in provincia di Brescia, mise fine alla sua vita, strappando le pagine di un libro prima di giungere alla parola FINE… Lo avevamo conosciuto anni prima alla Silvanetta, e faceva parte dei GIANTS. Con lui c’erano altri ragazzi, nostri coetanei: Filiberto Ricciardi, il baronetto; Ettore Cardullo, Pippo Landro, Pino Salpietro. Erano di Messina, e quando si parlava di loro io, messinese doc, mi trasformavo orgogliosamente, fiero della mia città e di quei ragazzi che non avevano rivali!
I GIANTS divennero GENS da lì a poco: meglio evitare confusioni con un altro complesso del tempo, i Giganti di Sergio e Giacomo Di Martino, Checco Marsella ed Enrico Maria Papes, e ricorrere ad un nome latino. Un nome con cui il riferimento a quello degli esordi fosse più semplice, e potesse essere imparato in fretta. Quel sostantivo latino era divenuto per noi, alunni del classico, motivo di vanto: finalmente qualcuno che non adottava una denominazione assurda, animalesca; non un complesso dal nome spesso impronunciabile o intraducibile, ma i nostri concittadini che, come i Procol harum di A White Shade Of Pale, avevano preferito ricorrere alla lingua di Cicerone e di Tito Livio per mettere il loro sigillo sulla definitiva affermazione nel mondo della musica leggera! Ed infatti i GENS ebbero immediato successo con una canzone scritta per loro dal compianto Salvatore Trimarchi, IN FONDO AL VIALE.
https://youtu.be/rrTI5MLPFp0
Continuavamo a sognare, noi messinesi in quegli anni. Finalmente un complesso nel quale potevamo riconoscerci, dei beniamini per i quali fare il tifo. A Messina avevamo avuto un altro cantante, nei primi anni 60, Gianni La Commare; ma nonostante il successo al Festival di Castrocaro nel 1962 e la partecipazione con Milva a Sanremo nel 1963 non riuscimmo mai a trovare in lui i ritmi e i gusti del tempo.
Per i GENS era diverso: quel disco era diventato per noi un inno, quel brano ancora oggi lo riconosciamo dalla prima nota e siamo in grado, anche se la voce non ha più le tonalità della gioventù, di cantarlo fino in fondo senza stonare! I GENS erano il vessillo di una città che si riscopriva improvvisamente innamorata della musica leggera, di quel genere musicale che fino a poco prima i più vecchi, i matusa, contestavano! Oggi, a distanza di più di cinquant’anni da allora, i ricordi rivivono e ci trasportano in un’altra dimensione. Parlare dei GENS provoca emozioni che ieri probabilmente non provavamo. Cosa è accaduto in questo lungo periodo di tempo? Nulla di importante: siamo più grandi e facili alla commozione.
“Come vorremmo essere ragazzi, spensierati, irresponsabili, con tanta voglia di vivere e di divertirci… e come noi vediamo tanti altri coetanei, molti dei quali partiti purtroppo per sempre per un lungo viaggio… e non vorremmo essere mai cresciuti, per rimanere così come eravamo, con i nostri affetti, i sogni, le speranze, gli amici che ci lasciano e vanno via …”
Questo avevo scritto lo scorso 25 marzo, quando Pino Salpietro, batterista dei Giants, anzi dei GENS, gigante buono ma non immortale, ci aveva lasciato. Ancora oggi, a 50 anni dalla prematura scomparsa di Gilberto Bruno, quella consapevolezza di essere grandi si riaffaccia. Non vorremmo pensarci, a volte. Ma è la vita, che ci ha regalato soddisfazioni ma anche messi di fronte a scelte; che ci ha fatto piangere ma ha dispensato sorrisi. Che ci riserverà ancora altre emozioni, se torniamo indietro a rivedere come eravamo prima ancora di scoprire come saremo domani. E come abbiamo salutato, lo scorso anno, Pino Salpietro, siamo qui a salutare oggi, a cinquant’anni da quel terribile incidente, GILBERTO BRUNO, uno dei GENS. Uno di noi!
. santino smedili –
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