di W.I.
Il 10 giugno del 1981 accadde un qualcosa di importante nella Repubblica italiana.
Il motivo di questo snodo all’interno della percezione nazionale degli eventi fu una tragedia.
Un fatto che vide come protagonista un bambino di 6 anni di nome Alfredo Rampi.
Questo evento ai più giovani non dice nulla mentre molti “grandi” lo ricordano appena. Altri invece lo ricordano benissimo.
Un bambino che in modo accidentale (?) cadde in un pozzo artesiano a Vermicino, vicino Roma, dove morì qualche giorno dopo.
Iniziò una lunga diretta televisiva.
Vermicino fu il punto di non ritorno per i parametri che si ha sui fatti di cronaca. In quel caso si imboccò la strada del dolore fatto diventare show e il coinvolgimento legato alla sofferenza. Sofferenza fatta diventare unità di misura per testare il successo.
Da allora ogni tragedia si è trasformata in un enorme palcoscenico dove il dolore è il mezzo per fare audience.
Un set cinematografico attorno a cui costruire in modo permanente un teatrino ed uno stucchevole dibattito.
Quel giugno di oltre 40 anni fa, si segnò un punto di non ritorno e si uscì definitivamente da quel mondo ingenuo ma ancora genuino figlio di una vita semplice e rurale.
Da allora, lentamente, iniziò lo sprofondamento finale della cultura e del sentire di questo “paese”.
Finirono definitivamente gli anni ’70 e si entrò ufficialmente nell’era della comunicazione moderna.
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