Porgiamo il nostro saluto alla Nobildonna Maria Guglielmina RIZZO BONACCORSI, nel giorno delle sue esequie. Lo facciamo ricordando la figura del padre LUIGI RIZZO, Eroe milazzese.
Luigi Rizzo nacque a Milazzo l’8 ottobre 1887. Capitano di lungo corso della Marina Mercantile, nel1912 fu nominato Sottotenente di Vascello di complemento della Riserva navale. Nel primo conflitto mondiale, dal giugno 1915 alla fine del 1916, venne destinato alla difesa marittima di Grado dove, agli ordini del Capitano di Corvetta Filippo Camperio prima e del Capitano di Fregata Alfredo Dentice di Frasso poi, si distinse particolarmente, ottenendo anche una medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: “Per le numerose prove di arditezza e di iniziativa date durante varie azioni guerresche in mare come osservatore di idrovolanti e perché, avendo ricevuto ordine di recare ad una squadriglia di torpediniere delle informazione sull’ubicazione di galleggianti nemici, si offriva di pilotare la squadriglia stessa in un’importante azione guerresca, contribuendo col suo ardimento e la sua abilità tecnica alla buona riuscita dell’operazione. Alto Adriatico, 30 novembre 1915”.
Successivamente fu trasferito nella neonata squadriglia dei MAS, prendendo parte a varie missioni di guerra, fra le quali si ricordano la cattura di due piloti di un idrovolante austriaco ammarato per avaria; per tale azione ottenne la seconda Medaglia d’argento al valor militare. Questa la motivazione: “Per essersi trattenuto con un motoscafo sotto il tiro delle batterie nemiche, non curando il vivo fuoco d’artiglieria e gli attacchi dall’alto per effettuare la cattura di aviatori nemici. Alto Adriatico, 23 maggio 1917″.
Nella notte fra il 9 e 10 dicembre 1917, per l’affondamento della corazzata guardacoste austriaca Wien, avvenuto nella rada di Trieste, venne decorato con la medaglia d’oro al valore militare con la seguente motivazione: “Per la grande serenità ed abilità professionale e pel mirabile eroismo dimostrato nella brillante, ardita ed efficace operazione da lui guidata, di attacco e di distruzione di una nave nemica entro la munita rada di Trieste”.
Nello stesso mese, per le missioni compiute nella difesa delle foci del Piave venne decorato di una terza Medaglia d’argento al valor militare e venne promosso tenente di vascello per meriti di guerra, ottenendo il passaggio in servizio permanente effettivo.
Nel febbraio 1918: con Gabriele D’Annunzio e Costanzo Ciano partecipò alla “Beffa di Buccari”, ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare, commutata al termine della guerra in argento al valor militare. Questa la motivazione: “Comandante di unità sottile dava prova di sereno coraggio nell’audace attacco al naviglio nemico nella lontana e munita baia di Buccari”.
Ma l’evento per il quale il nostro Ammiraglio è ricordato è quello del 10 giugno 1918: al largo di Premuda attaccò ed affondò la corazzata Santo Stefano. Tale azione gli valse la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia; infatti, in virtù del R.D. 25 maggio 1915 n. 753 che vietava di conferire alla stessa persona più di tre medaglie al valore cumulativamente d’argento e d’oro, non fu fregiato della seconda medaglia d’oro al valor militare. Tale limitazione fu abrogata con il R.D. 15 giugno 1922 n. 975 e quindi con R.D. 27 maggio 1923 gli fu revocata la nomina a cavaliere dell’Ordine militare di Savoia e concessa la medaglia d’oro al valor militare per l’impresa di Premuda. Questa la motivazione: “Comandante di una sezione di piccole siluranti in perlustrazione nelle acque di Dalmazia, avvistava una poderosa forza navale nemica composta di due corazzate e numerosi cacciatorpediniere e, senza esitare, noncurante del grande rischi, dirigeva immediatamente con le sezioni all’attacco. Attraversava con incredibile audacia e somma perizia militare e marinaresca la linea fortissima delle scorte, e lanciava due siluri contro una delle corazzate nemiche, colpendola ripetutamente in modo da affondarla. Liberarsi con grande abilità dal cerchio di cacciatorpediniere che da ogni lato gli sbarravano il cammino e, inseguito e cannoneggiato da uno di essi, con il lancio di una bomba di profondità, lo faceva desistere dall’inseguimento danneggiandolo gravemente”.
Volontario fiumano nel 1919, nel 1920 lasciò il servizio attivo con il grado di capitano di fregata. Nel 1925 assunse la presidenza della Società di Navigazione Eolia di Messina, carica che manterrà fino al 1948. L’anno successivo fondò a Genova la Calatimbar, società tra armatori, esportatori e spedizionieri, che aveva lo scopo di imbarcare tutte le merci in partenza da quel porto. Alla Calatimbar parteciparono anche privati quali la Fiat ed Enti pubblici come il Consorzio del porto e le Ferrovie dello Stato.
Negli anni successivi fu anche nominato Presidente della Cassa Marittima e infortuni e malattie della Gente di Mare, dell’Unione Italiana Sicurtà Marittima e della Società Anonima di navigazione Aerea. Con regio decreto di concessione del 25 ottobre 1932, e rr.ll.pp. del 20 giugno 1935, fu nominato Conte di Grado. Il predicato di Premuda fu aggiunto al titolo comitale di Grado con R.D. motu proprio di concessione del 20 ottobre 1941.
Nel 1936, volontario, partecipò alla guerra d’Etiopia; il 18 giugno dello stesso anno fu nominato ammiraglio di divisione della Riserva Navale per meriti eccezionali. Nel 1939 fu Consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Il 10 giugno 1940, allo scoppio delle ostilità, chiese di rientrare in servizio e si occupò della lotta antisommergibile nel Canale di Sicilia; fu dispensato dal servizio nel gennaio del 1941, assumendo la carica di Presidente del Lloyd Triestino.
Il 20 febbraio 1942 fu nominato Presidente dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico; dopo l’8 settembre 1943 ordinò il sabotaggio dei transatlantici e dei piroscafi affinché non cadessero in mano tedesca. Per questa sua direttiva venne trasferito dalla Gestapo in Austria, prima nel carcere di Klagenfurt e successivamente nel soggiorno obbligato a Hirschegg, dove fu raggiunto dalla figlia Maria Guglielmina. Rimpatriato al termine del conflitto, morì a Roma il 27 giugno 1951, due mesi dopo un’operazione per un tumore al polmone. L’operazione fu effettuata dal professor Raffaele Paolucci, suo grande amico, che durante la Grande Guerra era stato il protagonista con il maggiore del genio navale Raffaele Rossetti dell’affondamento nel porto di Pola della corazzata austriaca Viribus Unitis.
Ecco cosa avevamo pubblicato su TERMIINAL, edizione cartacea, dieci anni fa, nel 2014, ringraziando l’amico e compagno di scuola Claudio Italiano.
Il 10 Giugno 1918, al largo dell’Isola di Premuda, Luigi Rizzo di Milazzo, con i MAS 15 e 21, comandato da Giuseppe Aonzo, attacca una formazione navale Austriaca ed affonda la Corazzata Santo Stefano. Quelli che seguono sono i 2 brani con cui l’Eroe racconta la sua impresa….
“Potevano essere le tre: era ancora notte, ma non più completamente buio. Avevamo il rampino a mare ed incrociavamo sperando di incocciare qualcosa, ma inutilmente.. A lento moto, il tempo non passava mai, sicchè per far venire presto l’alba, mi mettevo di tanto in tanto al timone… Tutto il canale di Luttostrak era stato rampinato: nulla. Non ci rimaneva ormai altro da fare che salpare il rampino e ripiegare sul punto A dove avevamo lasciato le due torpediniere. Così decido: consegno il timone a Gori e gli indico la rotta per il punto A. Prendo un salvagente avvoltolato come cuscino e mi sdraio sul ponte, con la faccia alle stelle. La notte è rugiadosa e mi sento intorpidito: col lieve rullio, le stelle corrono da un capo all’altro del bordo: ed io le inseguo metodicamente, mezzo assopito… Quand’ecco, a dritta, al nord, lontano sull’orizzonte, delle nuvole di fumo! Dalla parte di Pola? Ma allora non possono essere nostre unità: ad ogni modo è da escludere che siano le nostre torpediniere, perché quelle debbono trovarsi a ponente, verso la nostra prora. E poi sono troppo guardinghe e fumo non ne fanno. Dunque i fumi sono nemici. Subito mi viene il dubbio che dalla stazione di vedetta di Gruica abbiano potuto scorgere i Mas: avranno dato l’allarme a Lussin, ed ecco che hanno inviato dei cacciatorpediniere per darmi la caccia. Chiamo Gori e gli mostro il fumo che si fa sempre più manifesto, che si avvicina. Noi stiamo navigando verso il largo e probabilmente chi viene alla nostra ricerca ancora non ci ha scorti… ma io sono impaziente di appurare di che si tratta. Perciò accosto a dritta e dirigo verso il fumo. Noi siamo pronti a tutto: del resto anche se tentassimo di sottrarci a tutta forza, non potendo sviluppare più di venti miglia, una volta avvistati saremmo inseguiti, cannoneggiati, affondati… Meglio approfittare della luce ancora incerta e se possibile farsi sotto ed attaccare… A piccolo moto, seguito dal Mas 21, dirigo incontro al fumo, prendendo la rotta di collisione… Aguzzo lo sguardo ed intravedo le soprastrutture di grosse navi, forse un convoglio? Ma quelle sono corazzate e tutt’intorno delle siluranti! Attento Gori! Avvertire Mas 21 che abbiamo di prua una divisione navale, certamente nemica… Il cuore mi dà un tuffo: c’è da fare buona caccia stamane…”
“Avvicinando il nemico mi accorsi dell’esattezza dell’ipotesi trattandosi di due grosse navi scortate da 8 o 10 cacciatorpediniere che le proteggevano di prora, di poppa e sui fianchi. Decisi di eseguire il lancio alla minima distanza possibile e perciò diressi in modo da portarmi all’attacco passando fra i due caccia che fiancheggiavano la prima nave a una distanza di non oltre 300 metri. I due siluri colpivano la nave scoppiavano quello di dritta fra il primo e il secondo ciminiere, e quello di sinistra fra il ciminiere poppiere e la poppa, sollevando due grandi nuvole di acqua e fumo nerastro. I siluri essendo preparati per l’attacco contro siluranti erano regolati a metri 1,5. La nave non eseguì alcuna manovra per evitare i siluri”.