PARLIAMOCI CHIARO! Ricordate anche voi?
Fino alla seconda metà del ‘900 c’erano delle usanze legate al lutto che oggi sono scomparse. Quando moriva qualcuno si mettevano davanti alle porte dei cartellini con scritto “LUTTO PER..” e il grado di parentela della persona defunta. Ad esempio: “LUTTO PER MIA FIGLIA, LUTTO PER MIO MARITO ECC.”.
A questo cartellino si attaccava pure un velo nero a forma di farfalla. La porta della casa si lasciava aperta per tre giorni per le visite. Si spalancavano le finestre perché c’era la credenza che da lì uscisse l’anima del defunto per salire in cielo. Gli specchi venivano coperti con un velo nero in quanto era proibito alle donne specchiarsi. Gli uomini portavano la fascia nera al braccio e il bottone da lutto sulla giacca. Non si facevano la barba per quindici giorni.
Le donne vestite sempre di nero, con il fazzoletto sulla testa. Le più anziana portavano lo scialle.
In base al grado di parentela del defunto dovevano portare il nero per un certo periodo: se moriva il cognato/a erano ad esempio tre mesi, se moriva il padre o la madre un anno, se moriva il marito si portava tutta la vita. Alle bambine si metteva il fiocchetto nero in testa.
Il fiocco nero si metteva anche nelle macchine e sulla vespa. Alcuni portavano appesa al petto una spilla con il ritratto del defunto. Nelle case qualcuno metteva un lumino sotto il ritratto del defunto. Si accendeva questa candela e si diceva una preghiera per l’anima di questa persona.
C’era anche l’usanza del “CUONZULU”, ovvero di portare il cibo alla famiglia in lutto, che spesso erano caffè, zucchero, paste da te.
In alcuni paesi venivano chiamate delle donne per piangere ai funerali: le prefiche.
Chi aveva la radio o la televisione doveva spegnerle per fare il massimo silenzio. Quanti di voi ricordano queste usanze?
Commenti